Archive for gennaio, 2012


La rete si sta riempiendo di testimonianze e registrazioni di strani suoni che si scatenano all’improvviso, non si sa da cosa siano orginati, e sembrano diffondersi nell’ambiente. Boati, suoni metallici o simili a quelli delle interferenze radio. Sono rumori diffusi, senza un punto preciso di provenienza. Da dove nascono e cosa sono? Vengono dalle viscere della terra o dal cielo? Vengono chiamati “Godzilla sounds” o “suoni dell’Apocalisse”, di certo negli ultimi mesi si stanno verificando fenomeni simili in varie aree geografiche del pianeta e molti di quelli registrati sono già in rete e non resta che ascoltarne alcuni per farci un’idea. In effetti dalla rete si possono scaricare suoni di ogni genere e montarli ad hoc su qualsiasi scena di vita comune o paesaggio. I casi più eclatanti sono sempre comunque quelli con più testimoni oculari e in questo caso ovviamente, uditivi. Da Kiev al Michigan, dalla Scandinavia alla Florida, casi simili, non del tutto uguali stanno sconvolgendo un gran numero di persone, chi ci crede solo a vedere questi video, chi è stato diretto testimone. All’origine di fenomeni che possono rientrare in questa casistica, vi sono l’elettromagnetismo, lo spostamento di meridiani magnetici, spostamenti di placche, attività sismica e c’è anche chi ipotizza la presenza di UFOs, di grandi velivoli in sosta sopra le nostre teste , ma invisibili agli occhi, anche se ascoltando bene, sembrano semmai grandi astronavi che cigolano o grossi mostri che brontolano o lagnano, mah!?….l’ultimo caso è stato registrato in Costa Rica, il suono che sentirete nel video è stato avvertito in tutta la regione. I sismografi, al momento, non hanno però segnalato alcuna anomalia…tendete l’orecchio!!!

Costa Rica un telegiornale segnala il fenomeno

Taos (New Mwxico)

Le celebri statue giganti di Pasqua

I molti interrogativi della scrittura dell’isola di Pasqua

Sono gli olandesi a chiamare la piccola isola del Pacifico meridionale con il nome che l’ha resa celebre: nella domenica di Pasqua del 1722 tre navi comandate dall’ammiraglio Jacob Roggeveen gettano l’ancora al largo di quella che era una terra già abitata, poiché i nuovi arrivati sono accolti da fuochi accesi sulle spiagge.

Una volta sbarcati, si rendono conto della presenza di gigantesche statue di pietra, riccamente ornate di fiori, adorate dagli indigeni con profonda devozione. Le cronache del tempo riferiscono di abitanti diversi fra loro: alcuni dalla pelle scura, altri più chiara, altri ancora dal colorito rossastro, e tutti vivevano in capanne costruite con giunchi che parevano imbarcazioni capovolte. I capi tribù, o quelli che comunque dovevano essere figure importanti della comunità locale, portavano grandi dischi inseriti nei lobi delle orecchie. Nel 1770 il vicerè spagnolo del Perù invia una spedizione. La flotta rimane circa una settimana nell’isola e dopo non poche contrattazioni, gli spagnoli ottengono la sottomissione degli indigeni in base ad un documento, ma le difficoltà linguistiche e l’incomprensibile dialetto locale senza dubbio non fanno comprendere agli indigeni le conseguenze della loro decisione.

Isola di Pasqua con i siti principali delle grandi statue (mappa1)

Anche il famoso navigatore inglese James Cook arriva a Pasqua nel marzo 1774. Grazie all’aiuto di Mahine, un indigeno polinesiano, si hanno i primi contatti comprensibili con gli indigeni, si scopre come ricavano e utilizzano rudimentali armi di legno, e che gli indigeni di pelle chiara, che olandesi e spagnoli dicevano di avere notato, erano praticamente scomparsi.

Vent’anni dopo è una spedizione francese comandata dall’ammiraglio La Perouse, ad arrivare nell’isola. La popolazione locale è nuovamente numerosa, non vi è traccia della penuria di cibo notata da Cook, e solo pochi indigeni portano ancora armi di legno, a scopo ornamentale. Il geografo Bernizet compila una mappa degli insediamenti e conferma la distruzione di molte statue, i cui basamenti erano utilizzati come sepolture. Con il passare degli anni l’isola diventa scalo per navi negriere. Intorno al 1805-1810 molti mercanti senza scrupoli arrivavano a Pasqua alla ricerca di schiavi e la popolazione viene a tal punto colpita da incursioni ed epidemie che nel 1877, secondo le cronache, è ridotta a centoundici elementi.

Nel 1885 iniziano le spedizioni a carattere scientifico per spiegare la presenza dei monoliti di pietra lavica, ormai più numerosi degli indigeni: l’anno seguente una missione americana parla di 555 statue, che in realtà sono circa mille, molte finite nell’oceano a causa della costante erosione delle coste (mappa 1).

Particolare di una tavoletta incisa

E’ un religioso ad affrontare per la prima volta il mistero della scrittura indigena detta “rongorongo” (“canto”, “recitazione”), padre Joseph Eyraud, il primo europeo che si stabilisce sull’isola nel 1864.

Eyraud parla di tavolette di legno e bastoni si cui sono incisi segni molto simili ai geroglifici egiziani, all’apparenza intraducibili, raffiguranti alberi, isole, pesci, uccelli, stelle, e altri elementi naturali. I suoi studi vengono purtroppo interrotti l’anno seguente, quando sbarcano in gran numero i missionari europei che costringono la popolazione locale a convertirsi al cristianesimo: molte iscrizioni sono distrutte anche dagli stessi indigeni.

Ancora oggi l’origine della scrittura di Pasqua conserva una parte di mistero. Attualmente tutto ciò che resta sono venticinque iscrizioni, che l’esploratore norvegese Thor Heyerdhal crede derivino dalle Americhe. Certo è che i polinesiani non conoscevano la scrittura, nota invece agli indigeni del Perù (i Conquistadores distrussero numerose tavole in cui gli Incas avevano dipinto e descritto la loro storia) e alle tribù Cuna della Colombia e della zona di Panama, che incidevano testi religioni su tavole di legno.

Esempio riprodotto di scrittura Rongo-rongo

Gi studiosi sono discordi sulle origini della scrittura di Pasqua, alcuni affermano che gli indigeni la ricavano dal trattato con cui gli spagnoli ottengono la loro obbedienza al regno spagnolo del Perù, nel 1770, dal momento che gli elementi in nostro possesso sono datati tutti fra la seconda metà del diciottesimo secolo e i primi anni del successivo.

Ci prova il vescovo di Tahiti, Jaussen, il quale è assistito da Metoro, giovane indigeno dell’isola che sembrava in grado di tradurre alcune tavole, ma lo stesso vescovo si accorge presto che l’isolano si approfittava dell’ospitalità e nient’altro, perché attribuiva diversi significati a uguali simboli. E’ poi la volta di William Thompson, un commissario di bordo della Mohican, nave americana giunta a Pasqua nel 1886, il quale, per conto del National Museum di Washington, aveva raccolto diversi oggetti fra cui molte tavole incise. Thompson era aiutato da un altro indigeno, l’ottantenne Ure Va’e Iko, ma riesce solo a tradurre alcuni simboli come un frammentario canto propiziatorio per la fertilità della terra. Pochi elementi non collegabili fra loro che, in effetti, non portano a nulla di certo.

Frammento n.1 della tavola Mamari

In epoca più recente è lo studioso tedesco Thomas Barthel che identifica 120 elementi su cui basare una prima possibile traduzione, e la combinazione di circa duemila segni. Secondo Barthel le incisioni “rongorongo” esprimono sia concetti teorici sia oggetti concreti, e un singolo segno può rappresentare una intera frase o pensiero. Per questo la traduzione era estremamente difficile. Il risultato più concreto è ricavato dal una tavola detta “Mamari”, che pare un calendario delle fasi lunari.

Frammento n.2 della tavola Mamari

Il linguista americano Steven Fischer, che per molto tempo ha analizzato le iscrizioni, pone l’attenzione principalmente sul cosiddetto “bastone di Santiago”, una sorta di scettro lungo un metro e venti, appartenuto a un capo tribù e ricoperto con circa 2300 segni, divisi in colonne a intervalli regolari.

In ogni sezione, un simbolo ogni tre è associato a un altro che Fischer chiama “falloide”, il quale, a sua volta, non ha riferimenti con l’ultimo o il penultimo segno di ciascuna sezione. Inoltre, ogni sezione compresa nelle linee verticali ha almeno di tre segni “falloidi”. Tale disposizione ha suggerito a Fischer la tesi secondo cui i testi sono basati su una struttura di tre unità in stretto rapporto fra loro, ovvero “triadi”.

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Esaminando poi il canto della fertilità già considerato da Thompson, Fischer rileva quarantuno accoppiamenti, dove l’elemento più significativo è riportato per primo, ovvero la divinità maschile; la divinità femminile era nominata in seconda posizione; la prole generata dall’accoppiamento in terza posizione. Nuovamente la struttura della triade e la evidente analogia con le iscrizioni dello scettro di Santiago. In base a successive analisi, Fischer ritiene che la maggioranza dei testi siano riferiti a miti della creazione, ma l’unica traduzione accettabile riguarda una singola frase composta da tre simboli: “uccello”, “pesce” e “sole”: “tutti gli uccelli si accoppiano con i pesci e da questa unione ha origine il Sole.” Anche se appare approssimativa, è l’unica frase di senso compiuto a cui si è giunti fino ad oggi, ben più fondata se confrontata con altre conclusioni dello stesso Fischer su ulteriori canti della creazione, o “rongorongo”, basati sulla ripetizione della sequenza dei simboli sopra citati e sulla struttura d’insieme della triade.

La conclusione è che, sebbene le iscrizioni dell’isola di Pasqua siano basate su una possibile struttura a tre livelli, questa non è una prova accetta universalmente per dedurre che tutti i testi sono relativi a miti della creazione. Il lavoro di Fischer, sebbene di grande importanza, è considerato un passo in avanti, non un avvenimento basilare. Il mistero dei canti “rongorongo” non è ancora stato svelato.

Esiste un luogo, sulla terra, dove i fantasmi riescono a farsi sentire…

Glastonbury, nel Somerset britannico, è uno dei luoghi più misteriosi del mondo, dove sorge uno dei maggiori monumenti della cristianità e, secondo alcune cronache, i resti della chiesa più antica d’Europa.

Interno dell'abbazia

La grande abbazia, le cui rovine si possono oggi ammirare, viene fatta costruire da re Ina, uno dei primi sovrani anglosassoni, all’inizio dell’ottavo secolo, su una terra già consacrata in precedenza. Vi sorgeva infatti una chiesa in legno, eretta nei primi anni dell’era cristiana e distrutta da un incendio nel 1184, secondo alcuni costruita dai discepoli di Cristo e vicina alla tradizione storica di Giuseppe d’Arimatea e alle vicende del Sacro Graal. Nel 16° secolo l’abate Bere dichiara Glastonbury “terra sacra d’Inghilterra” poi, nel 1539 il re Enrico VIII ordina la soppressione dei monasteri cristiani in seguito alla decisione di nominarsi capo della chiesa protestante inglese e il luogo conosce un periodo di decadimento e saccheggio da parte della corona, che si appropria delle ricchezze. L’abate Whiting è arrestato e processato con l’accusa di avere nascosto parte dei tesori del monastero, incluse le sacre reliquie e il Graal, quindi impiccato sulla cima della torre di Glastonbury. In effetti, il religioso aveva occultato parte dei tesori per cercare di salvarli, e le ricerche effettuate portano alla luce circa cinquecento oggetti preziosi, ma nessuna traccia del sacro calice. Dopo altre peripezie, la chiesa viene definitivamente abbandonata finché, nel 1907, messa in vendita e acquistata dalla Diocesi di Barth per conto della Chiesa d’Inghilterra, che decide di sostenere i costi di nuovi e approfonditi scavi archeologici.

Il responsabile degli scavi è Fredrick Bligh Bond, appassionato

La celebre torre di Glastonbury

di archeologia ed esperto di chiese antiche, il quale ottiene l’autorizzazione nel marzo 1908. Bond porta alla luce due strutture identificate come le Cappelle di re Edgar e di Nostra Signora di Loreto, poi dodici celle a pianta circolare, anticamente occupate dai monaci eremiti ed erette intorno alla Cappella di S.Giuseppe d’Arimatea, datata intorno al II secolo d.C.

Gli scavi sono accompagnati da molte polemiche e da contrasti sorti fra Bond ed il collega William Caroe, responsabile della conservazione degli edifici.

Nel 1913 i finanziamenti cominciano a scarseggiare e le cifre restanti devono essere impiegate per liberare la zona dagli enormi cumuli di terra degli scavi, in seguito ulteriormente rallentati per lo scoppio della prima guerra mondiale. Bond viene allontanato, continuato dall’amico John Bartlett senza autorizzazione del Comitato di Sovrintendenza che, scoperta l’attività, inoltrò ufficiali proteste.

Il legame fra Bond e Bartlett rivela che gli scavi, fin dall’inizio, erano basati su informazioni segrete che facevano capo ad una società di appassionati di ricerche medianiche di cui entrambi erano membri. La società era stata contattata da Bartlett che, sembra, fosse dotato del dono particolare della “scrittura automatica” o “medianica”. Da parte sua, Bond è il primo a riconoscere la singolare qualità dell’amico e decide che con il suo aiuto si sarebbe potuto aprire un nuovo capitolo nella ricerca archeologica cominciando proprio da Glastonbury. I due compiono sedute spiritiche interrogando gli spiriti sul sito in questione, e pare abbiano ottenuto risposte come “…Non andavo d’accordo con i monaci…

Dall’aldilà sarebbe giunto anche il messaggio di un misterioso monaco Guglielmo, con il disegno dell’abbazia e da un tale Johannes Bryant l’aggiunta di una pianta rettangolare che, quesito dopo quesito, giunge a raffigurare esattamente la Cappella del re Edgar. Le sedute spiritiche sarebbero state numerose, e le informazioni avute dal mondo dell’occulto guidano i due colleghi per tutto il periodo degli scavi, arrivando anche ad indicare il luogo in cui era stato sepolto l’abate Whiting. Infine, pare che i particolari “informatori” di Bond appartenessero a quella che si era definita la “Compagnia di Avalon”.

I moderni studi non sono giunti ad alcuna considerazione ufficiale sul lavoro compiuto da Bond e lo stesso architetto avrebbe poi negato l’esistenza di una “Compagnia di Avalon” riferendo i messaggi a spiriti del paradiso che desideravano svelare la verità.

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Bond pubblica i risultati dei suoi studi nel 1918 nel libro “The Gate of Remembrance”, immediatamente accusato di spiritismo dalla Chiesa. La polemica dura diverso tempo, fra accesi dibattiti e articoli sui quotidiani dell’epoca, ma alla fine Bond riesce a uscirne a testa alta e nell’agosto 1919 riprende gli scavi all’abbazia continuando a seguire le istruzioni avute dagli spiriti dell’aldilà. In effetti, cercando i resti della Cappella di Nostra Signora di Loreto, riesce a riportare alla luce antiche tracce di un edificio. Alla fine del 1919 Bond pubblica un nuovo libro basato sulle comunicazioni spiritiche, “The Hill of Vision”, contenente profezie su una grande guerra, alla fine della quale avrebbe avuto inizio un’era di pace e prosperità.

Nel frattempo, il Comitato di Sovrintendenza agli scavi decide di allontanare gradatamente Bond dalla direzione dei lavori, affiancandogli il professor Sebastian Evans, celebre studioso del mistero del Graal e segretario del Comitato stesso.

L'incoronazione di re Edgar riprodotta su una vetrata

Dedicatosi prevalentemente alla catalogazione dei reperti, Bond è poi attaccato dal reverendo Wilkins con una serie di articoli che stigmatizzavano l’uso della scrittura medianica e contestavano i dati sulla Cappella di re Edgar e sulle effettive dimensioni dell’abbazia. Messo di fronte al pericolo di nuovi scandali e controversie, il Comitato si scioglie mettendo fine al ruolo di Bond come direttore degli scavi di Glastonbury, e cedendo i diritti dei lavori alla Società degli Antiquari di Londra, che rifiuta ogni coinvolgimento di Bond, il quale decide di continuare di nascosto il lavoro di ricerca dei tesori nascosti dall’abate Whitning e nel frattempo lavora nella redazione della celebre rivista “Psychic Science”.

Con il nuovo libro “The Company of Avalon”, Bond cerca di richiamare l’attenzione e gli aiuti dell’arcivescovo di Canterbury, ma senza successo.

Messo definitivamente da parte, Bond decide di dedicarsi allo studio delle questioni soprannaturali e nel 1925 parte per gli Stati Uniti accettando l’incarico della Società Americana per la Ricerca Medianica. Intanto era anche diventato sacerdote di una piccola setta chiamata Antica Chiesa Cattolica.

Tornato in Inghilterra nel 1936, tenta di riprendere gli scavi a Glastonbury con appoggi finanziari ottenuti in America, dicendo di essere in possesso di nuove informazioni sui tesori sepolti, sulla locazione della antica chiesa di S.Giuseppe d’Arimatea e sul luogo dove, con molte probabilità, poteva essere custodito il Graal, ma ogni autorizzazione viene negata. Deluso e amareggiato, si ritira in Galles e muore in solitudine nel 1945.

A questo punto, una domanda: le rivelazioni ottenute da Bond e Bartlett si sono rivelate autentiche? In alcune parti sorprendentemente vere, specie nel caso della Cappella di re Edgar, con l’eccezione dell’abside. Riguardo alla Cappella di Loreto sono stati molto meno “confortanti”, ma le critiche sono dirette alla forma del linguaggio di tali messaggi, scritti per lo più nell’inglese in uso nel 19° secolo. Poco convincenti quindi, stando alle affermazioni del biografo di Bond, il dottor Marshall McKusik.

L’architetto comunque, durante i lavori di scavo, riporta alla luce diverse rovine antiche, con un certo successo in campo archeologico. Le rivelazioni avute durante le sedute spiritiche non sono state mai considerate frutto di esperimenti di parapsicologia. Resta il fatto che lo scavo di Glastonbury rimane un fenomeno non ripetibile e probabilmente con la fine di essi è andata persa una grande opportunità.

Uno dei più arcani testi letterari potrebbe essere il prodotto di un abile falsario, ma molti sono convinti che sia autentico. Nessuno, fino ad oggi, è riuscito a decifrare il linguaggio in cui è scritto.

Wilfrid Voynich

Il manoscritto di Voynich deve il nome ad un antiquario americano appassionato di testi antichi, Wilfrid Voynich (foto), appunto, che sembra abbia scoperto in uno scantinato di una polverosa biblioteca di un  convento gesuita, Villa Mondragone di Frascati, vicino Roma, nel 1912, l’antico testo in questione, grazie all’assistenza del priore, padre Strickland. Si tratta di un formato di 22 centimetri per 16, in tutto 102 fogli per 204 facciate scritte e illustrate a mano, e con 24 pagine mancanti (si deduce dalla rilegatura), perse nel corso dei secoli. Vi sono anche cinque fogli ripiegati a metà, tre fogli ripiegati tre volte, un foglio piegato quattro volte e un foglio con sei ripiegature. La scrittura, un totale di 250mila caratteri per poco più di quattromila parole. Di queste 1284 sono presenti più di una volta; 308 minimo otto volte; 184 minimo quindici volte; 23 sono presenti minimo cento volte. La lingua è sconosciuta ancora oggi, così come il significato delle illustrazioni (piante, donne in acqua, sfere celesti).

Un estratto del testo

Un libretto misterioso anche per i computer più tecnologici, anche a quelli dei servizi segreti americani che per diversi

anni si sono impegnati a renderlo chiaro. A prima vista potrebbe sembrare un trattato medievale di qualche alchimista, forse vissuto fra il 1450 e il 1500, deduzione suggerita da una lettera del XVII secolo inclusa nel manoscritto, che ne attesta il possesso nel 1586 da parte di Rodolfo II, imperatore del Sacro Romano Impero, il quale pare lo abbia dato in consegna a due esperti linguisti. Da qui se ne perdono le tracce per 250 anni, fino al ritrovamento da parte di Voynich, che lo affida ai migliori crittografi del tempo, ma con nessun risultato concreto, fino a far supporre che non vi sia nulla da decifrare in realtà, perché non esiste nessun codice. Insomma, nulla più che un elaborato falso. Appare tuttavia strano che in un falso siano contenute una serie di regolarità strutturali per tutte le pagine del libro, e una sorprendente esattezza e precisione nella distribuzione delle parole della lingua, che ormai è nota come “Voynichese”.

Recentemente Gordon Rugg, esperto di lingue antiche, ha scoperto che è possibile duplicare molte delle principali figure del “Voynichese”, usando un semplice strumento già in uso nel XVI secolo. Il testo generato da questa tecnica condurrebbe però a semplici scarabocchi, scritte senza senso o messaggi nascosti. Questa scoperta non prova però che il manoscritto sia un falso, ma sostiene la teoria secondo cui un avventuriero inglese di nome Edward Kelley possa aver concepito il documento per defraudare l’imperatore, che infatti pagò una somma di 600 ducati  (circa 70mila dollari attuali) per il manoscritto.

Una mappa ripiegata completa

Dopo il ritrovamento, il primo tentativo scientifico di interpretare il manoscritto è del 1921 da parte di William Newbold, professore di filosofia della Pennsylvania University. Secondo l’ipotesi da questi elaborata, ogni carattere contiene piccoli segni, visibili solo con un ingrandimento, che formerebbero una sorta di vocabolario stenografico in greco. Secondo Newbold, il manoscritto risalirebbe al XII secolo e l’autore sarebbe lo scienziato e filosofo Roger Bacon, autore per altro di celebri descrizioni del microscopio. Leonell Strong, un genetista della , Yale University, attribuisce l’opera ad Anthony Ascham, un astrologo inglese del Cinquecento.

La tesi di Newbold non regge per molto: un attento esame proprio al microscopio rivela che i piccoli segni sono solo micro spaccature nell’inchiostro secco, dovute all’età della carta. A questo seguono una serie di fallimenti, come quello di Leonell Strong e Joseph Feely, due esperti di decrittazione che usano un cifrario basato sulla sostituzione delle lettere originali con caratteri romani, giungendo ad una traduzione dal senso ben poco chiaro. E non è tutto: c’è chi sostiene di avere prove che il manoscritto sia stato redatto da Leonardo Da Vinci nel 1460. Altri invece vedono nell’opera la leggendaria “Clavicola di Salomone”, un testo magico del terzo re di Israele che conterrebbe evocazioni per dominare gli spiriti e istruzioni per costruire potenti amuleti.

Il manoscritto

Dopo la fine della seconda guerra mondiale il manoscritto viene affidato agli esperti militari americani che avevano violato il codice Magic della marina imperiale giapponese, ma anche questi non arrivano a nulla di definitivo. Nel 1978 John Stojko, filologo, dopo un’analisi del testo, sostiene che la lingua poteva essere una antica forma di ucraino senza le vocali. In base a questo criterio si arriva a una traduzione con frasi come “Il Vuoto è ciò per cui l’Occhio del Dio Bambino combatte accanitamente”, che non ha nulla a che fare con le illustrazioni o con la storia ucraina.

Nel 1987 un medico di nome Leo Levitov sostiene che il documento era stato prodotto dalla setta eretica dei Catari, in Francia meridionale, ed era scritto in una commistione di parole di varie lingue. La traduzione, ad ogni modo, anche in questo caso non aveva senso compiuto o collegamento con la teologia Catara. Altro sbaglio, poi, la traduzione della stessa parola con un termine in una parte del manoscritto, e con un altro termine in un’altra parte, in base al principio di diverse soluzioni di uno stesso anagramma.

Molti studiosi hanno avanzato l’ipotesi che se il manoscritto di Voynich non fosse scritto in alcun codice, potrebbe trattarsi di un linguaggio ancora sconosciuto, per il fatto che presenta le già citate regolarità tipiche di una lingua.

Una parola, ad esempio, è ripetuta più volte nel corso di una stessa frase o riga. Si è provato quindi ad applicare il metodo EVA, cioè l’alfabeto europeo di Voynich (European Voynich Alphabet), cioè una convenzione elaborata per tradurre i caratteri del manoscritto in caratteri romani. La soluzione proposta si discosta troppo dalle caratteristiche di tutte le lingue conosciute, antiche o moderne che siano, ed è decisamente troppo complessa, paradossalmente anche se riferita a frasi espresse da persone affette da disturbi psicologici o patologie per danni cerebrali, come si è avuta occasione di studiare. Dopo i numerosi tentativi, si ritorna quindi all’ipotesi del codice, un codice decisamente insolito ed estremamente difficile, anche nell’ipotesi che si tratti di un abile falso storico.

Con tale criterio, Gordon Rugg è tornato a studiare il manoscritto insieme alla collega Joanne Hyde, rivalutando cioè le tecniche del ragionamento fin’ora utilizzate con il principio che la struttura linguistica del manoscritto debba essere analizzata dal punto di vista deduttivo del linguista puro. Partendo da questo, si è ripresentata l’ipotesi del falso storico, ma anche in questo caso la ricerca si è arenata in assenza di elementi di riferimento.

Una parte del codice Voynich

Una nuova ipotesi è stata proposta da Jorge Stolfi, ricercatore dell’università di Campinas, in Brasile: può essere possibile che il manoscritto sia stato composto usando accoppiamento di lettere o sillabe in modo casuale e senza alcun criterio logico? Potrebbe…ma come porsi in tal caso davanti alla rigida regolarità del testo e ad altre caratteristiche come l’individuazione di caratteri comuni e le combinazioni sillabiche? Tutto questo non può essere il risultato di una scelta casuale, anche se la casualità, d’altra parte, può essere una delle chiavi di lettura.

Per i ricercatori del nostro tempo è un concetto normalmente accettato, ma non era così ai tempi in cui si data la stesura del manoscritto. Rugg ha così iniziato a domandarsi se alcune delle strutture del manoscritto potessero essere state prodotte da uno strumento ormai considerato obsoleto. Sembrava proprio che l’ipotesi dello scherzo meritasse maggiori indagini. Il passo successivo era tentare di produrre un documento falso per vedere quali effetti si sarebbero potuti ottenere. La prima domanda era: che tecnica usare? L’approccio doveva essere “storicizzato”, ovvero, guardare con gli occhi di un uomo del tempo, e così Rugg ha deciso di utilizzare la celebre “griglia di Cardano”, un sistema elaborato dal matematico italiano Girolamo Cardano nel 1550, basato su cartelle con “sportelli” apribili da sovrapporre a un testo. Senza addentrarsi nel particolare e complicato sistema della griglia a tre aperture, per tentare di tradurre per permutazioni dei prefissi dei vocaboli, il risultato ottenuto portava ad un quesito basilare senza risposta: il manoscritto contiene solo scarabocchi senza senso o un messaggio codificato?

Se la griglia di Cardano fosse stata usata, in effetti, per creare il manoscritto Voynich, l’autore probabilmente non intendeva elaborare un testo, quanto riprodurre un esempio di metodo articolato e intelligente. Rugg non ha trovato evidenza alcuna che il manoscritto celi un messaggio codificato, ma ciò non esclude la possibilità che il manoscritto sia autentico. E se anche fosse un falso, resterebbe di notevole pregio in quanto per arrivare ad un elaborato del genere l’autore deve essere dotato di indubbio acume ed esperienza…come ad esempio John Dee ed Edward Kelley (abile e noto falsificatore nonché alchimista avvezzo all’uso delle griglie di Cardano) che visitarono la corte di Rodolfo II nel 1580…Per diverso tempo Kelley è creduto l’autore del manoscritto.

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Nel 1976 William Bennet, ingegnere informatico, esamina il manoscritto dal punto di vista dell’applicazione del linguaggio metodologico del computer, giungendo ad un risultato decisamente interessante: la determinazione dell’entropia del linguaggio voynechese, molto minore rispetto a una qualunque lingua europea antica o attuale.

Com’è noto, l’entropia stabilisce il grado di disordine all’interno di un sistema (la legge della termodinamica, in fisica, stabilisce che qualunque sistema tende all’entropia sempre crescente). Nella comunicazione linguistica, l’entropia indica il grado di relativa assenza di informazione, in pratica, l’incertezza data da un determinato messaggio, frase, testo. In un discorso dove, per esempio, si trova la sequenza “chf chf chf chf ch” vi è un certo grado di sicurezza che la successiva sequenza inizi con la lettera “f”, quindi una bassa entropia. Ma se ci si trova davanti a sequenza tipo “hjlksurhgkdsfvbkrrpmnv” non si può esser sufficientemente sicuri di identificare con quale lettera inizi la successiva frase, e si ha una entropia decisamente alta. Bennet riesce a stabilire che il manoscritto ha una bassa entropia, ma l’unica lingua che può costituire un termine di paragone…è l’hawaiano…

Il ricercatore dell’università di Birmingham, Gabriel Landini, ha invece analizzato il testo impiegando l’analisi spettrale, tecnica usata per studiare la struttura e i caratteri apparentemente casuali del DNA, ma anche se ha identificato alcune parole di senso compiuto, non è riuscito a costruire un testo che abbia un senso generale nel suo complesso.

Botanica

L’unica cosa chiara è, fin’ora, che il manoscritto è diviso in cinque parti. La prima è definita “Botanica” contiene 113 illustrazioni di piante sconosciute; la seconda è la “Astronomica”, con 25 diagrammi riferiti a temi astrali non meglio definiti, eccetto Sole, Luna e alcune costellazioni della Via Lattea; altre ancora sembrano riprodurre la Galassia di Andromeda. La terza parte è detta “Biologica”, con 227 illustrazioni di nudi femminili, molte raffigurate in evidente stato di gravidanza e immerse in vasche collegate fra loro da strane tubazioni simili a tube di Fallopio. La quarta parte è la “Farmacologica”, con disegni di radici sconosciute, piccole piante e contenitori tipici usati per spezie e droghe. La quinta e ultima pare essere una sorta di indice generale.

L’unica certezza è che dopo anni di ricerche e tentativi il manoscritto di Voynich, oggi conservato alla Beinecke Book & Manuscript Library di Yale, continua ad essere uno dei testi più misteriosi della storia.

IN FLORIDA C’E’ UN CASTELLO CHE…

Veduta aerea di Coral Castle

I segreti di Coral Castle, luogo di sorprendente bellezza che nasconde molti misteri rimasti insoluti

Un luogo fra i più strani e bizzarri al mondo. Si trova a poca distanza da Miami sulla Nazionale 27 arrivando da nord, proseguendo lungo la 157a Avenue. Bisogna davvero vederlo con i propri occhi per credere che sia vero. E’ stato costruito fra il 1920 e il 1940 su un’area di quattro ettari, non da un’impresa edile di quelle che realizzano grandi opere, non da operai con strumenti di alta precisione, ma incredibilmente da un uomo solo. Questo è uno dei primi misteri che avvolgono il posto: come è stato possibile? Di certo è spiegabile il perché: il motivo più antico e nobile, per amore.

L’autore di tutto questo si chiamava Edward Leedskalnin, un piccolo uomo (pesava circa 50 Kg ed era alto solo un metro e cinquantadue centimetri) nato a Stramereens Pogosta, un piccolo villaggio vicino a Riga, in Lettonia, nel 1887. Da giovane Ed si è innamorato di una ragazza, che chiamava solo “la mia dolce sedicenne”, la quale non ha mai voluto ricambiare tale sentimento, abbandonandolo il giorno in cui avrebbero dovuto sposarsi, così, deluso e sconsolato, ma tutt’altro che rassegnato, a 26 anni inizia a viaggiare per trovare un luogo dove avrebbe dimostrato alla propria amata la grandezza del suo amore. Visita quasi tutta l’Europa, il Canada, poi arriva negli Stati Uniti, in Florida, e decide che lì sarebbe sorto

Ed posa all'interno del castello

il monumento che gli avrebbe fatto riconquistare l’amore perduto. Memore dei grandi monumenti del passato, costruiti in nome dell’amore (il Taj-Mahal in India voluto dal re Shah-Jahan per la moglie Mumtaz-Mahal; i giardini pensili di Babilonia fatti erigere da Nabucodonosor per la consorte; il castello di Chenonceau sulla Loira dedicato a Diane de Poitiers da Enrico II; o ancora il meraviglioso Hammam di Istanbul che Suleiman il Magnifico fa costruire per Roxelana) Edward inizia un’impresa che ha del miracoloso, ma purtroppo rimase deluso anche in questo, poiché, quando l’opera fu completata, la “dolce sedicenne” Agnes Skuvst non andò mai a vederla semplicemente perché non interessata, ed Edward morì in solitudine nel 1952.

Quando era impegnato nei lavori, che effettuava prevalentemente di notte, si potevano scorgere strani bagliori e lampi, e udire flebili suoni o vibrazioni. Di giorno, se qualcuno andava a trovarlo o solo a curiosare, Ed smetteva finché i visitatori non andavano via. Ma come è stato possibile, per il gracile Edwad, modellare, sollevare e spostare da solo blocchi di pietra pesanti fino a 30 tonnellate? Si resta senza parole ammirando il modello in scala del sistema solare, con Saturno, del peso di circa 20 tonnellate, posto ad una certa altezza e su un muro largo meno di un metro, oppure la poltrona a dondolo da 10 quintali, o la Fontana della Luna che rappresenta le fasi lunari, con i quarti di luna che pesano circa 18 tonnellate, e la luna piena che ne pesa 23…E che dire dell’obelisco alto più di 8 metri che si aggira intorno alle 30 tonnellate. E non è tutto:  all’interno del “castello” si trova la stanza nuziale, quelle dei giochi per i bambini, e altri ambienti da sogno.

Uno degli strumenti usati da Leedskalnin

Nelle poche dichiarazioni rilasciate, Edward ha fatto riferimento a conoscenze in possesso di pochi, parlando anche degli stessi metodi usati per la costruzione delle piramidi, ma niente di più uscì mai dalla sua bocca, e i segreti di Coral Castle giacciono con lui. Si sa solo che era un iniziato a culti misterici, e con amicizie molto particolari.

Ha comunque realizzato qualcosa di decisamente unico al mondo, con una pianta geometrica che richiama motivi sacri, utilizzando macchinari rudimentali basati sulle forze della Natura che i moderni scienziati riescono a malapena a comprendere perché probabilmente l’approccio è fatto dal punto di vista della tecnica moderna. Apparentemente si possono osservare bottiglie avvolte in filamenti di rame come solenoidi, travi di legno e pali telefonici che formano un argano, altri aggeggi in metallo e alcuni scarti di strumenti che restano incomprensibili.

Perché proprio in Florida? E’ qui che Edward trova un particolare tipo di pietra, dal colore blu-argenteo con affascinanti riflessi, e di particolare robustezza, chiamata Coral Stone.

Non pochi ipotizzano che Edward avesse trovato, nella misteriosa scatola di metallo posta sulla sommità degli strumenti utilizzati, il segreto dei segreti: come manipolare la gravità terrestre. Fra i pochi resti e progetti rimasti, si deduce che Edward abbia compiuto calcoli astronomici di estrema complessità, fra i quali il diagramma della esatta orbita terrestre intorno al sole, ricavato dalle osservazioni effettuate con un telescopio di pietra da 30 tonnellate. Sono oltremodo chiare le analogie con costruzioni realizzate in altri angoli del mondo, come gli edifici della piana di Giza in Egitto, o le piramidi Maya nello Yucatan, o ancora le costruzioni Inca in Perù, ma in quel caso sono stati utilizzate migliaia di schiavi, mentre Coral Castle è stato edificato da un uomo solo.

Che suggerimenti o deduzioni si possono trarre dalle poche dichiarazioni di Edward, come “La materia è formata da magneti individuali in movimento, ed è proprio il movimento di questi magneti nella materia attraverso lo spazio a produrre fenomeni come il magnetismo o l’elettricità…”? D’accordo, ma non è sufficiente il gioco che tutti abbiamo fatto da bambini a scuola, avvicinando i poli dello stesso segno di due calamite…Eppure è celato in queste poche parole il segreto del controllo del magnetismo e della gravità: il principio secondo cui la materia ha delle proprietà magnetiche e che basta avvolgerla con del filo di rame e mandare il giusto impulso radio con la giusta frequenza per annullare la sua gravità. Un impulso che potrebbe partire da una piccola stazione radio, che secondo molti era nascosta nella scatola sopra il tripode usato da Ed, e che veniva utilizzata con una determinata sintonia con quella che era definita la “Repentance Corner”, un vano progettato per mettere in punizione i bambini ma che, data la posizione anomala rispetto alla pianta generale del complesso, suggerisce un utilizzo diverso, con fessure e intagli particolari che potrebbero essere stati usati per determinare le frequenze radio e spostare i blocchi di pietra.

Il cancello da 9 tonnellate

Anche il grande cancello, e il suo funzionamento, costituiscono un mistero: 9 tonnellate di pietra che si aprono con la pressione di un dito. All’interno della pietra, infatti, c’è un foro della lunghezza di quasi tre metri in cui passa l’asse portante della struttura, ma con precisione talmente millimetrica che oggi è possibile riprodurre solamente con l’uso di un raggio laser. Dalla parte esattamente opposta, all’interno, stesso discorso per un cancello di forma triangolare del peso di circa 3 tonnellate. E inoltre, la torretta al lato dell’entrata principale ha un peso complessivo di oltre 240 tonnellate.

Conoscenze esoteriche? Levitazione sonica e vibrazioni sonore? Poteri soprannaturali? Nessuno sa spiegarlo. Certo è documentato che alcuni monaci tibetani sono capaci si sollevare e frantumare grandi blocchi di pietra con un suono prodotto da tamburi di particolare fattura o trombe lunghe tre metri. La forza di gravità attirerebbe cariche elettriche o elettrostatiche positive mentre respingerebbe quelle negative per ragioni ancora inspiegabili, quindi, se si raggiungesse il controllo di queste cariche negative si potrebbe regolarne a piacimento la direzione, la velocità, la durata, l’intensità, la frequenza e così via. Siamo però nel campo della pura scienza del condizionale e non riconosciuta da quella ufficiale…anche se questo non è un motivo sufficiente per negarne l’esistenza.

Le conoscenze di Ed Leedskalnin hanno diversi riferimenti con le teorie propugnate da personaggi celebri ma che la scienza ufficiale ha sempre considerato poco credibili. Fra essi John Worrel Keely, che nella seconda metà dell’800 ha inventato una serie di macchinari per sollevare pesanti oggetti e frantumare la pietra, basati sul suono di strumenti musicali propagato attraverso un filo metallico. Noti scienziati come Jules Verne e Thomas Edison hanno assistito agli esperimenti di Keely, con tanta ammirazione che furono suoi sostenitori presso alcuni finanzieri dell’epoca, i quali si convinsero a fondare la Motor Keely, azienda costruttrice di motori e macchinari vari. Keely, come Leedskalnin, si è sempre rifiutato di fornire spiegazioni plausibili alle sue teorie, fino ad entrare in contrasto con i propri finanziatori e a morire in solitudine.

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Anche la famosa Madame Blawatsky parla di Keely e delle sue “magie”, dicendo che gli era stato dato il dono di superare un limite fino ad allora invalicabile, ma Keely stesso sarebbe rimasto segnato dalla sua scoperta, una forza che gli derivava da Atlantide chiamata Mash-Mak. E’ altresì provato che alcuni edifici particolari, fra cui la grande piramide di Giza e gli monoliti di Carnac, emettono vibrazioni a bassa frequenza, e che a Stonehenge si è registrata la amplificazione di suoni, come a Tihauanaco, in Bolivia, dove su alcune colonne sono incisi segni che inequivocabilmente raffigurano il diapason. Presso la Piramide del Mago, a Uxmal, la sommità riproduce un suono simile ad un cinguettio, e a Chicen Itza, famosa città Maya nello Yucatan, in certi punti l’eco viene riflesso da un angolo all’altro con sorprendente chiarezza ma senza apparente spiegazione.

Tornando a Coral Castle, fra le amicizie di Edward Leedskalnin a cui si è accennato, va menzionato il famoso scienziato

Nikolai Tesla

Nikolai Tesla, con il quale aveva in comune una decisa avversione verso i dogmi della scienza ufficiale. E’ noto che i due hanno passato molto tempo in misteriosi esperimenti, la cui natura non è mai stata chiarita. Tesla, nato nel 1856 in Croazia, è considerato uno dei più brillanti quanto contestati scienziati del Novecento. Le sue scoperte sono numerose e fondamentali (insieme ad un buon numero di fallimenti): la corrente alternata, il primo impianto funzionante ad energia idroelettrica, numerosi test basati sulla sismologia e la fluorescenza, e c’è chi gli attribuisce l’invenzione della radio. Anche Tesla, come Edward Leedskalnin e John Keely, muore dimenticato e in solitudine nel gennaio 1943, ma del suo lavoro si è appropriata la FBI catalogandolo “Top Secret”.

La cosa che più desta meraviglia è comunque che Edward aveva costruito il castello nei pressi di Florida City, e solo dopo ha deciso di smantellarlo e ricostruirlo nelle vicinanze di Homestead. Come ha potuto farlo se nemmeno la forza dell’uragano “Andrew” ha smosso una sola delle pietre di Coral Castle mentre i dintorni parevano essere stati il luogo di una guerra a colpi di artiglierie e bombardamenti aerei?

La chiave di tutto sembra essere proprio in quest’ultimo episodio. C’è chi sostiene che lo strumento potrebbero essere le griglie del campo magnetico terrestre, una delle quali passa proprio fra Florida City e Homestead. Certo, è pura teoria, ma soprattutto resta un interrogativo: anche se Ed Leedskalnin avesse avuto conoscenze di tal genere, come ha potuto renderle in pratica, e specialmente da solo?

Dott. C. Ebinger

Dicembre 2011 – Africa: una violenta attività sismica divide il continente in due.

Le fessure hanno fatto la loro comparsa già anni fa, ma negli ultimi mesi l’attività sismica è incrementata nell’Africa Nord orientale, come se il continente si stesse separando lentamente. I ricercatori dichiarano che nella regione la lava è presente in maniera consistente e il magma è normalmente visibile sul fondale marino.

La geologa Cynthia Ebinger (foto) dell’Università di Rochester a New York, riceve una telefonata lo scorso novebre da un impiegato della compagnia mineralogica sul posto, in cui le viene comunicato che il grande vulcano Erta Ale, nel nord est dell’Etipia, stava eruttando. La Ebinger, che studia i vulcani da anni, è stata subito messa in allerta ed è volata in Africa con un gruppo di ricercatori.

“Il vulcano ribolliva; fiamme e zampilli di lava rossa sparate verso il cielo”, dichiara allo Spiegel Online appena giunta sul sito. Il primo riscontro, già assodato da anni di rilievi , è che il suolo si sta sollevando nell’Africa nord orientale e la regione si sta modificando molto velocemente. Il suolo desertico sta tremando e si sta spaccando in evidenti crepe e separandondosi nettamente in diverse zone ; le acque marine si stanno visibilmente riversando sulla terra ferma e salendo di livello. I ricercatori si dicono certi che l’Africa si stia dividendo, con una percentuale di andamento cronologico raramente registrata in geologia. La prima frattura è apparsa milioni di anni fa, risultante della divisione tra il Mar Rosso e il Golfo di Aden. La seconda frattura, si è estesa dal sud dell’Etiopia al Mozambico, conosciuta comunemente come la Grande Rift Valley, sulla quale si allineano svariati vulcani semiattivi, che, a quanto pare, si stanno risvegliando. Milioni di anni da ora e anche questa zona verrà riempita dal mare.

crepa nord

I TEMPI DEL FENOMENO

Nella depressione di Danakil, nella parte nord della Rift Valley, l’Oceano potrebbe giungere molto più velocemente. In questa zona sita a  25mt sotto il livello del mare, le colline sono l’unica barriera che potrebbe trattenere le acque del Mar Rosso. Le terre retrostanti sono già cedute di alcuni metri dai precedenti livelli registrati e i depositi di sale bianco sul suolo desertico, testimoniano la presenza del mare in passato, quando la lava pare abbia soffocato in tempo l’accesso delle acque in quelle zone. Per ora, nessuno può dire esattamente quando il mare fluirà nuovamente nel deserto, ma di sicuro quando accadrà, sarà un fenomeno repentino e veloce. “Le colline potrebbero sprofondare in pochi giorni”, dichiara Tim Wright, membro dell’Università di Leeds alla “Shool of Earth and Environment”, durante una recente conferenza tenuta a San Francisco e ospitata dalla American Geophisical Union (AGU).

Negli ultimi cinque anni la trasformazione geologica nel nord est dell’africa è “drammaticamente accelerata”, dice Wright. In effetti, il processo sta incalzando, con tempi davvero veloci, molto più di quanto in molti credevano e avevano già anticipato. Recentemente i geologi hanno misurato variazioni nell’ordine di millimetri per anno dei movimenti terrestri. “Ma ora la terra si sta aprendo nell’ordine di metri!”, dice Lorraine Field, studiosa presso la University of Bristol, moderatrice della stessa conferenza di San Francisco.

I tremori sismici della Terra causano profonde spaccature e formano fessure nel suolo desertico, per cui, zona per zona, il terreno in Africa dell’Est si sta frantumando. Alcuni ricercatori attivi nel Golfo di Tadjoura, tra il Djibouti e il Golfo di Aden, hanno registrato negli ultimi mesi uno sbarramento di scosse sismiche lungo la dorsale oceanica che corrispnde alla zona di intersecazione delle placche indiana e africana.   “I sismi stanno avvenendo sulla cresta del medio Oceano”, riporta la Ebinger.

Mappa Geologica 1 – Rift Valley e incontro placche africana e indiana

LO SLITTAMENTO DELLE PLACCHE TETTONICHE

Quando la lava sguscia fuori dalla fessure lungo le dorsali attive sottomarine, crea costantemente nuova crosta terrestre e forma delle vere e proprie catene montuose sottomarine; si solidifica al contatto con le acque e diventa parte del fondale marino.  Il magma scoppiando a fiotti verso l’alto, con una pressione tale da spingere il suolo oceanico da entrambe i lati della dorsale, fa si che si spostino le placche, causando terremoti. Nei mesi recenti, i tremori nel Golfo di Tadjoura si sono avvicinati sempre di più alla costa. La dottoressa Ebinger spiega che la divisione del fondale marino si estenderà gradualmente alle terre emerse. Questo è il caso già noto lungo le linee che attraversano il deserto etiope, dove si sono create spettacolari formazioni geologiche, visibili altrimenti solo sulla superficie del fondo oceanico.

mappa 2 – Placche e dorsali oceaniche

 

 

Il modello dei terremoti registrati, sia in mare che sulla terra, supporta inoltre la conclusione che il paesaggio desertico si stia trasformando in un profondo fondale marino, per ora, ancora all’asciutto; questo viene enunciato in un articolo del Journal of Geophisical Research, pubblicato da Zhaohui Yang e Wang-Ping Chen, due geologi della Univeristà dell’ Illinois. Gli sudiosi hanno registrato un alto numero di terremoti di grado abbastanza forte, nelle zone a fondale poco profondo del Medio Oceano, sempre nel nord est africano, simili a quelli che si verificano lungo le creste sottomarine, molto lontane in oceano aperto.

Un segno di spunta sull’aumento dell’attività vulcanica è stato riportato dai i geologi, i quali hanno riscontrato un incremento delle eruzioni vulcaniche vicino alla superficie terrestre in ben 22 località nel Triangolo di Afar, (vedi mappa 1 e 2), dove il magma ha causato crepe ampie fino a 8 metri, che hanno letteralmente divelto il terreno; questo quanto riportato da Derek Keir, ricercatore dell’Università di Leeds. Mentre generalmente il magma rimane sotto il suolo, in luoghi come Etra Ale, si è fatto strada fino a raggiungere la superficie.

UN OCEANO SENZA ACQUA

Vulcano Erta Ale

Gli scienziati hanno notato che il tipo di magma fuoriuscito nelle zone desertiche è dello stesso tipo che fuoriesce generalmente nelle regioni sottomarine. Una delle caratteristiche è la proporzione di acido silicico. Il magma che fuoriesce dal vulcano Erta Ale (foto) è della stessa composizione chimica di quello dei vulcani sottomarini. La nuova attività di combustione nel vulcano è ricominciata nel 2005, quando improvvisamente si è formata una fessura lunga 60 km, lungo la depressione di Afar. Da quel momento si sono formati 3,5 kilometri cubi di magma, tanto da ricoprire l’intera area di Londra ad altezza d’uomo. “Da un punto di vista geologico, la velocità con cui il magma sta spingendo è stupefacente. Si sta facendo strada creando canali attraverso la roccia nel sottosuolo ad una velocità di 30 metri al minuto!!!” (Eric Jaques, Institute of Earth Physics of Paris). Le misurazioni satellitari attestano le conseguenze:  200 km di strappo da cui il magma fuoriesce, creando come una superficie di asfalto fumante. Il magma si sta spingendo anche sotto il vulcano di Dabbahu nel Nord dell’Etiopia.

IN CONTINUA ESPANSIONE…..to be continued

Spaccatura Nord Etiopia

Il “sinkhole”

USA – Risale al 30 Settembre 2011 la notizia di una voragine apparsa improvvisamente in un campo della contea di Beckham, nell’ Oklahoma dell’ovest. Gli abitanti della contea e lo stesso proprietario del terreno, Jack Damron, dichiarano che il cosìdetto “sinkhole” è apparso dalla sera al mattino; un buco nel terreno, di diametro circolare di circa 14mt e profondo altrettanti 14mt; chi abita nelle vicinanze dice che se ci fosse stata  sopra una casa, sarebbe stata inghiottita da quanto la voragine è grande. Il fenomeno pare sia connesso con il terremoto che ha colpito la zona solo due settimane prima, ma gli esperti sono scettici nel mettere i due eventi in relazione. Tra l’altro pare che la voragine stia crescendo giorno dopo giorno e sostando ai bordi anche solo per mezz’ora, si può notare il continuo movimento del materiale terroso sul fondo.

Il Sig. Damron, che cura il terreno da oltre 20 anni, sa bene che vi sono molte dicerie sul terreno piatto dell’Oklahoma ancora in formazione e che il buco va lasciato stabilizzare con naturalezza , non essendo il primo caso che vede coi suoi occhi. “Non sappiamo quanto possa sprofondare ancora, dobbiamo lasciarlo fare”. Damron ammette che non aveva mai visto formarsi voragini così profonde nel solo periodo di una notte. Lo scenario è abbastanza inquietante, soprattutto per chi tutti i giorni lavora su quel suolo, guidando trattori e macchine pesanti, sperando sempre che il terreno non collassi sotto di lui. “Avrebbe ingoiato il trattore!!”, dice Damron.

Il fenomeno dei “Sinkhole” ( anche chiamati: dolina, camino di collasso, sprofondamento, limesink, cenotes, pozzo carsico, loess karst, voragine), è abbastanza comune in questa parte ovest dello stato, ma di queste dimensioni e così repentini, non si sono mai registrati.

I geologi della Oklahoma Geological Survey, dichiarano che le cause potrebbero essere molteplici, tra cui strati di sale o roccia ancora in una fase di costituzione o che si stanno dissolvendo, o anche la siccità; tutti fattori plausibili che rendono il terreno così instabile. Inoltre le antiche miniere di carbone a monte sono ancora dei bacini di riempimento di acque piovane, che defluendo è in grado di smuovere gli strati di terra, facendola collassare. Ma sono ancoro solo ipotesi, che però non fanno luce su un fenomeno che si sta presentando sempre più spesso, lasciando sbigottiti e spaventati i residenti e non solo…..