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large-Bamiyan-BuddhaE’ ancora ben vivo il ricordo dell’abbattimento delle sculture di Buddha a Bamiyan, in Afghanistran. Le imponenti statue scolpite nella viva roccia durante il III e V secolo d.c. dalla florida civiltà buddista, che abitava la valle situata sull’antica via della seta, e che costituivano per i fondamentalisti talebani, mossi ancora da astio nei confronti della tribù degli hazara (di confessione sciita, che ha popolato la valle per lungo tempo), discriminata dalle tribù di etnia pashtun, di cui i talebani fanno parte, un vero e proprio insulto. I grandi Buddha sono stati distrutti nel 2001 a colpi di cannone ed esplosivi perché considerati simbolo offensivo delle religioni “non islamiche”, dopo 18 secoli di storia.

Ninive - muraglia e portale

Ninive – muraglia e portale

A 14 anni di distanza, un’altro vero e proprio crimine contro la cultura e la storia è stato commesso a Ninive, capitale dell’antico impero assiro in Iraq, a pochi chilometri da Mosul. I miliziani dell’Isis da anni si arricchiscono col traffico di antichità, uno dei metodi usati per raccogliere fondi da utilizare nella loro guerra santa, ma è anche chiaro che lo scopo è di abbattere ogni simbolo, vestigia o resto di religioni che non siano quella islamica, secondo la loro interpretazione estremista.

Attorno a quella che possiamo definire la nuova roccaforte del sedicente Califfato, esistono circa 1.800 siti archeologici, oltre agli antichi resti di ben quattro capitali dell’impero assiro-babilonese, oggi considerato blasfemo e in balia dei folli affiliati del capo indiscusso dell’Isis, Al Baghdadi.

Antichi monumenti, statue ciclopiche, imponenti mura e splendidi bassorilievi sono oggi nelle mani dei ribelli. Il territorio che fu la “Mezzaluna fertile”, la culla della civiltà, è alla mercè di un esercito folle e senza scrupoli che, senza alcuna remora, riduce in cenere la storia.

Il personale di sicurezza dei siti archeologici sta abbandonando gli incarichi per questioni di sicurezza, mancanza di mezzi e carburante. Il gioco-forza è dettato dal rischio quotidiano di essere uccisi dai mercanti d’arte, dai trafficanti o dagli stessi ribelli, che ormai detengono il controllo di tutto il nord-ovest dell’Iraq.

Il patrimonio cristiano, tutto quello che si riferisce a minoranze religiose ed etniche che non sia già stato demolito, è a rischio distruzione. Tutta la piana di Ninive e Mosul è nel mirino dei ribelli, che bruciano e radono al suolo chiese e monasteri cristiani, tra cui quello di San Behnam, occupato e trasformato in quartier generale dell’Isis.

E non è tutto: lo stesso patrimonio islamico è in pericolo, ogni simbolo e luogo di culto sciita, moschee, minareti e anche i santuari sunniti sono stati polverizzati. In particolare gli iracheni sono scossi per la distruzione del tempio del profeta Giona, o Nabi Yunis. Il Santuario che veniva rispettato dalle varie confessioni religiose presenti in Iraq, nel 1924 era stato ricostruito sostituendo quello ottomano che era crollato, ma ancor più di interesse storico, il Palazzo assiro sottostante, dove si possono trovare imponenti tori alati, scoperti recentemente. Anche il Museo di Mosul è stato occupato dalle milizie dell’Isis, che ha sotto controllo intere collezioni di incalcolabile valore.

Come si possono quindi proteggere questi beni inestimabili? Esiste un’azione da parte della comunità internazionale? Si riesce a bloccare il contrabbando con i Paesi circostanti? Quale altra distruzione dobbiamo aspettarci?

Le immagini dei grandi Buddha di Bamyan, come delle mura di Ninive e di altri luoghi profanati e distrutti, si potranno vedere da oggi in poi solo sui libri di storia o su internet, ma di certo i siti storici che ancora esistono e che hanno un valore a livello mondiale non possono rimanere in balia di folli assassini.

Esiste una forza armata dedita alla protezione dei beni culturali? Si.

Vedere sparire in un soffio millenni della nostra storia è triste e molto irritante.

Sentirsi impotenti ancor di più.

 

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Esiste un luogo, sulla terra, dove i fantasmi riescono a farsi sentire…

Glastonbury, nel Somerset britannico, è uno dei luoghi più misteriosi del mondo, dove sorge uno dei maggiori monumenti della cristianità e, secondo alcune cronache, i resti della chiesa più antica d’Europa.

Interno dell'abbazia

La grande abbazia, le cui rovine si possono oggi ammirare, viene fatta costruire da re Ina, uno dei primi sovrani anglosassoni, all’inizio dell’ottavo secolo, su una terra già consacrata in precedenza. Vi sorgeva infatti una chiesa in legno, eretta nei primi anni dell’era cristiana e distrutta da un incendio nel 1184, secondo alcuni costruita dai discepoli di Cristo e vicina alla tradizione storica di Giuseppe d’Arimatea e alle vicende del Sacro Graal. Nel 16° secolo l’abate Bere dichiara Glastonbury “terra sacra d’Inghilterra” poi, nel 1539 il re Enrico VIII ordina la soppressione dei monasteri cristiani in seguito alla decisione di nominarsi capo della chiesa protestante inglese e il luogo conosce un periodo di decadimento e saccheggio da parte della corona, che si appropria delle ricchezze. L’abate Whiting è arrestato e processato con l’accusa di avere nascosto parte dei tesori del monastero, incluse le sacre reliquie e il Graal, quindi impiccato sulla cima della torre di Glastonbury. In effetti, il religioso aveva occultato parte dei tesori per cercare di salvarli, e le ricerche effettuate portano alla luce circa cinquecento oggetti preziosi, ma nessuna traccia del sacro calice. Dopo altre peripezie, la chiesa viene definitivamente abbandonata finché, nel 1907, messa in vendita e acquistata dalla Diocesi di Barth per conto della Chiesa d’Inghilterra, che decide di sostenere i costi di nuovi e approfonditi scavi archeologici.

Il responsabile degli scavi è Fredrick Bligh Bond, appassionato

La celebre torre di Glastonbury

di archeologia ed esperto di chiese antiche, il quale ottiene l’autorizzazione nel marzo 1908. Bond porta alla luce due strutture identificate come le Cappelle di re Edgar e di Nostra Signora di Loreto, poi dodici celle a pianta circolare, anticamente occupate dai monaci eremiti ed erette intorno alla Cappella di S.Giuseppe d’Arimatea, datata intorno al II secolo d.C.

Gli scavi sono accompagnati da molte polemiche e da contrasti sorti fra Bond ed il collega William Caroe, responsabile della conservazione degli edifici.

Nel 1913 i finanziamenti cominciano a scarseggiare e le cifre restanti devono essere impiegate per liberare la zona dagli enormi cumuli di terra degli scavi, in seguito ulteriormente rallentati per lo scoppio della prima guerra mondiale. Bond viene allontanato, continuato dall’amico John Bartlett senza autorizzazione del Comitato di Sovrintendenza che, scoperta l’attività, inoltrò ufficiali proteste.

Il legame fra Bond e Bartlett rivela che gli scavi, fin dall’inizio, erano basati su informazioni segrete che facevano capo ad una società di appassionati di ricerche medianiche di cui entrambi erano membri. La società era stata contattata da Bartlett che, sembra, fosse dotato del dono particolare della “scrittura automatica” o “medianica”. Da parte sua, Bond è il primo a riconoscere la singolare qualità dell’amico e decide che con il suo aiuto si sarebbe potuto aprire un nuovo capitolo nella ricerca archeologica cominciando proprio da Glastonbury. I due compiono sedute spiritiche interrogando gli spiriti sul sito in questione, e pare abbiano ottenuto risposte come “…Non andavo d’accordo con i monaci…

Dall’aldilà sarebbe giunto anche il messaggio di un misterioso monaco Guglielmo, con il disegno dell’abbazia e da un tale Johannes Bryant l’aggiunta di una pianta rettangolare che, quesito dopo quesito, giunge a raffigurare esattamente la Cappella del re Edgar. Le sedute spiritiche sarebbero state numerose, e le informazioni avute dal mondo dell’occulto guidano i due colleghi per tutto il periodo degli scavi, arrivando anche ad indicare il luogo in cui era stato sepolto l’abate Whiting. Infine, pare che i particolari “informatori” di Bond appartenessero a quella che si era definita la “Compagnia di Avalon”.

I moderni studi non sono giunti ad alcuna considerazione ufficiale sul lavoro compiuto da Bond e lo stesso architetto avrebbe poi negato l’esistenza di una “Compagnia di Avalon” riferendo i messaggi a spiriti del paradiso che desideravano svelare la verità.

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Bond pubblica i risultati dei suoi studi nel 1918 nel libro “The Gate of Remembrance”, immediatamente accusato di spiritismo dalla Chiesa. La polemica dura diverso tempo, fra accesi dibattiti e articoli sui quotidiani dell’epoca, ma alla fine Bond riesce a uscirne a testa alta e nell’agosto 1919 riprende gli scavi all’abbazia continuando a seguire le istruzioni avute dagli spiriti dell’aldilà. In effetti, cercando i resti della Cappella di Nostra Signora di Loreto, riesce a riportare alla luce antiche tracce di un edificio. Alla fine del 1919 Bond pubblica un nuovo libro basato sulle comunicazioni spiritiche, “The Hill of Vision”, contenente profezie su una grande guerra, alla fine della quale avrebbe avuto inizio un’era di pace e prosperità.

Nel frattempo, il Comitato di Sovrintendenza agli scavi decide di allontanare gradatamente Bond dalla direzione dei lavori, affiancandogli il professor Sebastian Evans, celebre studioso del mistero del Graal e segretario del Comitato stesso.

L'incoronazione di re Edgar riprodotta su una vetrata

Dedicatosi prevalentemente alla catalogazione dei reperti, Bond è poi attaccato dal reverendo Wilkins con una serie di articoli che stigmatizzavano l’uso della scrittura medianica e contestavano i dati sulla Cappella di re Edgar e sulle effettive dimensioni dell’abbazia. Messo di fronte al pericolo di nuovi scandali e controversie, il Comitato si scioglie mettendo fine al ruolo di Bond come direttore degli scavi di Glastonbury, e cedendo i diritti dei lavori alla Società degli Antiquari di Londra, che rifiuta ogni coinvolgimento di Bond, il quale decide di continuare di nascosto il lavoro di ricerca dei tesori nascosti dall’abate Whitning e nel frattempo lavora nella redazione della celebre rivista “Psychic Science”.

Con il nuovo libro “The Company of Avalon”, Bond cerca di richiamare l’attenzione e gli aiuti dell’arcivescovo di Canterbury, ma senza successo.

Messo definitivamente da parte, Bond decide di dedicarsi allo studio delle questioni soprannaturali e nel 1925 parte per gli Stati Uniti accettando l’incarico della Società Americana per la Ricerca Medianica. Intanto era anche diventato sacerdote di una piccola setta chiamata Antica Chiesa Cattolica.

Tornato in Inghilterra nel 1936, tenta di riprendere gli scavi a Glastonbury con appoggi finanziari ottenuti in America, dicendo di essere in possesso di nuove informazioni sui tesori sepolti, sulla locazione della antica chiesa di S.Giuseppe d’Arimatea e sul luogo dove, con molte probabilità, poteva essere custodito il Graal, ma ogni autorizzazione viene negata. Deluso e amareggiato, si ritira in Galles e muore in solitudine nel 1945.

A questo punto, una domanda: le rivelazioni ottenute da Bond e Bartlett si sono rivelate autentiche? In alcune parti sorprendentemente vere, specie nel caso della Cappella di re Edgar, con l’eccezione dell’abside. Riguardo alla Cappella di Loreto sono stati molto meno “confortanti”, ma le critiche sono dirette alla forma del linguaggio di tali messaggi, scritti per lo più nell’inglese in uso nel 19° secolo. Poco convincenti quindi, stando alle affermazioni del biografo di Bond, il dottor Marshall McKusik.

L’architetto comunque, durante i lavori di scavo, riporta alla luce diverse rovine antiche, con un certo successo in campo archeologico. Le rivelazioni avute durante le sedute spiritiche non sono state mai considerate frutto di esperimenti di parapsicologia. Resta il fatto che lo scavo di Glastonbury rimane un fenomeno non ripetibile e probabilmente con la fine di essi è andata persa una grande opportunità.