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Da molti decenni numerosi scienziati asseriscono che l’attività umana stia spingendo la vita sul nostro pianeta oltre il punto di non ritorno. Nella storia della Terra vi sono stati cinque eventi di estinzione di massa, la più recente quella avvenuta durante il Cretaceo-Terziario, quasi 65 milioni di anni fa, che si pensava fosse stata causata dall’impatto massiccio di un asteroide sul Pianeta Terra. Nel 21° secolo si sta attuando una sesta estinzione di massa.

Secondo un articolo pubblicato a Luglio dal Dott. Gerardo Ceballos* e dai suoi colleghi, la Terra sta vivendo un enorme fenomeno di estinzione delle specie e una grande riduzione della loro gamma di biodiversità, che potrebbe avere profondi effetti sugli ecosistemi da cui dipende anche la civiltà umana. Hanno scoperto che circa il 30% dei vertebrati terrestri, compresi i rettili, gli uccelli e gli anfibi, stanno subendo notevoli perdite e diminuzioni. In alcune parti del mondo si sta perdendo il 70% delle specie a causa del degrado degli habitat. Gli autori descrivono i loro risultati come un annientamento biologico, sostenendo che la sesta estinzione di massa potrebbe essere già in corso.
Ma questa volta è fondamentalmente diversa da quelle avvenute in passato. Mentre le estinzioni precedenti sono state causate da fenomeni fisici, come cambiamenti climatici naturali, massive eruzioni vulcaniche, l’acidificazione degli oceani e meteoriti, la sesta ha le sue radici nell’attività umana.

Lo sviluppo del Homo Sapiens, quasi 200.000 anni fa, ha cambiato l’equilibrio globale dell’ecosistema e ha rovesciato le leggi naturali che governano la Terra. E’ stata impostata una nuova rotta per il nostro pianeta. Diverso dalle altre specie, l’uomo ha sviluppato la capacità di predominare su tutte le altre, sfruttando le risorse primarie del pianeta. Cominciando a cacciare eccessivamente gli animali e pescare pesci, ad utilizzare i combustibili fossili per la produzione di energia e sfruttando le risorse naturali del pianeta in modo tale che oggi la capacità delle altre specie animali e vegetali di sopravvivere è stata profondamente minata.
Quali sono i fattori più incalzanti dell’estinzione? E come possono i principi per una salute planetaria dedicarsi attivamente per contrastare una sesta estinzione di massa?

La fauna selvatica sta scomparendo a causa del degrado degli habitat, della pesca e dell caccia massiva, dell’inquinamento tossico, della deforestazione e del cambiamento climatico. L’accelerazione della deforestazione ha causato un aumento dell’inquinamento di carbonio che causa un imponente peggioramento del clima e come sappiamo, ha conseguenze disastrose sull’ecosistema e sulla produzione di alimenti. Le foreste pluviali del Brasile sono andate perse grazie ad una deforestazione che ha avuto il suo picco più alto nell’ultimo decennio, ed oggi il governo brasiliano sta proponendo il rilascio di altri 860.000 ettari di foresta amazzonica, un’area pari all’estensione del Portogallo, per la produzione agricola e l’estrazione mineraria, a seguito della pressione delle grandi Lobby e multinazionali; affermando che questo porterà un progresso economico a tutto il paese. Per quanto riguarda le conseguenze sulla produzione alimentare, ci saranno meno specie di insetti che offrirebbero un controllo naturale dei parassiti, per cui gli agricoltori dovranno fare affidamento su altissime dosi di pesticidi chimici. Allo stesso modo, la produzione di frumento su vasta scala, continua comunque a fare affidamento sugli insetti impollinatori, senza i quali però, i raccolti di frutta, verdura e cereali saranno scarsi o soggetti a un aumento dei prezzi. E’ un serpente che si morde la coda.

La crescita della popolazione umana combinata con un sorprendente eccesso di consumi tra i più ricchi nelle nostre società, sono le principali cause della riduzione delle specie di questa sesta estinzione di massa.

Ci sono più di 7 miliardi di esseri umani sulla Terra, ma solo 200 anni fa se ne registravano solo 1 miliardo. Questa rapida impennata demografica e crescita del consumo pro capite, di beni e servizi, l’impronta ecologica crescente dell’umanità, sta alterando la crosta terrestre, i fiumi e gli oceani, il sistema climatico, i cicli bio-geochimici e il naturale funzionamento degli ecosistemi. Quasi il 40% della superficie terrestre è utilizzato per la produzione agricola per alimentare l’intera popolazione del Pianeta e la copertura adibita ad aree urbane dovrebbe aumentare di oltre 1 milione di km2 entro il 2030, minacciando ulteriormente la biodiversità e la produzione di cibo.
L’attività umana sta cambiando il nostro mondo e sta tracciando delle traiettorie evidenti che conducono all’estinzione, il tempo per l’azione è breve.

La riduzione o la auspicabile abolizione dell’utilizzo dei combustibili fossili e l’adattamento ad un’economia energetica ad emissioni  zero, saranno essenziali per mantenere il cambiamento climatico nei limiti stabiliti dall’accordo di Parigi. Offrendo alle persone differenti fonti di proteine (che non siano solo provenienti dagli allevamenti intensivi, ma anche da legumi e cereali o altro), ​​modificando le diete, sarà fondamentale per ridurre gli effetti delle attività di cui fin’ora abbiamo abusato. La riduzione del consumo di carne, unitamente allo zucchero e all’olio di palma che richiedono grandi aree di terra e di acqua, svolgerà un ruolo cruciale nel fermare la deforestazione. Le estinzioni di massa sopra menzionate,  potrebbero essere inevitabili e forse non è troppo tardi per fermare questo ultimo attacco alla nostra ecologia. È necessaria una cooperazione senza precedenti tra i responsabili politici, le organizzazioni internazionali, gli scienziati e i ricercatori, e la società civile per preservare e mantenere la nostra biodiversità e per proteggere il mondo da noi stessi.

Fonte: articolo tradotto da http://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S2542519617300839?via%3Dihub

*Dott. Gerardo Ceballos: biologo, ecologista e ambientalista messicano – https://de.wikipedia.org/wiki/Gerardo_Ceballos

Da Sandy, a Nilam, e molti altri gli eventi climatici che fanno sembrare il nostro Pianeta impazzito.

Non solo i versanti atlantici ed oceanici, adesso anche il Mare Nostrum, il Mediterraneo, sta subendo le conseguenze dei famigerati “cambiamenti climatici“. Il bacino mediterraneo, considerato fin dall’antichità un mare tranquillo e protetto, adesso è nel mirino di eventi meteorologici di rara intensità e di una fenomenologia che si sta mostrando sempre più frequente e devastante. I commenti a riguardo possono solo riguardare, a mio parere,  una “nicchia” di illuminati della comunità scientifica, che ha già denunciato da tempo alle istituzioni e agli organi governativi,  le variazioni di temperatura che si sono riscontrate negli oceani e nei mari, ma che stranamente non hanno avuto alcun esito a livello di divulgazione ufficiale. La denuncia ha fatto luce sulle reazioni esponenziali e proporzionali all’aumento di temperatura, provocando fenomeni di questo tipo in aree del pianeta fin’ora non considerate a rischio.  Anomalie appunto, si potrebbero chiamre così. Se non fosse però un effetto, ben chiaro per altro, che mette in stretta relazione l’aumento di Co2 nell’atmosfera, surriscaldando il pianeta, grazie alla continua emissione di gas estratti dai combustibili fossili, che ci ostiniamo ad utilizzare e ad estrarre, fino all’ultimo centesimo di qualche “paperondepaperonis del petrolio” che non vede oltre il suo portafoglio, e non vede oltre l’Oggi. Parlarne sembra un romanzo di fantapolitica ambienatalista, ma solo la realtà aprirà gli occhi a molte persone, e purtoppo c’è il rischio che ne chiuda molti altri e per sempre. Il bello dell’evoluzione umana sarebbe il poter prevedere o premunirsi, il brutto è che esiste un’omertà consumistica, fomentata da lobby e multinazionali che pagano e minacciano per tappare la bocca a chi avrebbe saggi e relistici moniti sul come poterci salvare la pelle in tempo. Peccato che anche un disastro produca businness. Vi lascio ai video di oggi che non hanno bisogno di ulteriori commenti.

28/11/12 – I DANNI DEL TORNADO A TARANTO