Lo studio pubblicato su Science porta nuovamente una firma italiana, quella di Marco Ajello con la sua ricerca sulla luce di fondo dello spazio profondo.
Ed è proprio il telescopio Fermi a cogliere la misura del tasso di sopravvivenza dei fotoni gamma che vengono prodotti dalle galassie più remote e quindi ad individuare la radiazione generata dalle antiche stelle.
I fotoni gamma di alta energia detengono un grado altissimo di penetrazione, per cui non possono essere riflessi poichè attraverserebbero ogni tipo di specchio. Solo una cosa riesce a fermarli, altri fotoni di un energia tale, che il loro incontro/scontro possa produrre altra energia pari al doppio del quadrato della massa di un elettrone…(phew…che difficile!)
In questo solo ed unico caso, distruggendosi a vicenda, si crea una coppia di particella-antiparticella, un elettrone e un positrone, trasformando quindi l’energia dei fotoni nella massa della coppia stessa di particelle. L’energia totale viene conservata sia prima che dopo questa trasformazione, chiamata appunto “assorbimento fotone-fotone”, ma questo effetto diminuisce il numero di fotoni gamma che i nostri strumenti possono percepire. A seconda della distanza questo assorbimento varia e le sorgenti più distanti saranno quelle che mostrano un assorbimento più importante. Secondo le leggi della fisica, il telescopio Fermi rivela i fotoni gamma che vengono distrutti da incontri con fotoni ottici e ultravioletti. Questo metodo permette di stimare indicativamente in maniera indiretta, la densità di fotoni ottici e ultravioletti, quelli che si sono creati grazie alle stelle attraverso diverse generazioni, dall’inizio dell’Universo, ancora difficilmente misurabile dalla scienza. Misurare l’effetto in raggi gamma non è certo semplice, nè può rivelarci, attraverso il cosìdetto “smangiamento dello spettro”,  ogni singolo astro.
Ma, il telescopio che porta il nome di un noto fisico e premio Nobel italiano, pare abbia già rivelato più di 1000 sorgenti extragalattiche, 150 galassie attive, ma a distanze cosmiche diverse, utili appunto per effettuare i test.
Marco Ajello, che pubblica oggi su Sciense Express, è un giovane ricercatore, laureato ben due volte in Italia, con alle spalle già un dottorato in Germania e che attualmente lavora negli USA  tra le università di Standford e Berkley.
Il suo lavoro di ricerca basato sul “impilamento” degli spettri ha funzionato, rivelando, appunto, che gli oggetti più vicini mostrano un assorbimento decisamente più modesto, rispetto agli oggetti più lontani con un assorbimento molto maggiore. Uno dei risultati più interessanti della ricerca, è che la densità di fotoni “killer” rilevata risulta essere intorno ai valori minimi ipotizzati fino ad ora e può essere utile per iniziare a porre dei limiti numerici alle stelle che si sono formate all’inizio dell’Universo, quelle che ancora i nostri strumenti non riescono a rivelare in maniera diretta, per cui per ora dovremmo accontentarci con orgoglio di avere un immagine  in negativo. E direi che non è poco!!  GUARDA IL VIDEO
M.C.L.

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Fonti:

http://www.media.inaf.it

http://www.free-italia.net/