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Fonte: http://www.media.inaf.it

Da circa due anni gli scienziati di Esa-Nasa-Asi studiano il pianeta attraverso la sonda Cassini, il vero gioiello che ha riservato loro l’onore di scoprire una zona dell’emisfero nord, sulla quale imperversa una vera e propria tempesta al livello dell’alta atmosfera. La scoperta di questo fenomeno è stata condivisa e osservata  non solo dalla sonda Cassini, ma anche da alcuni dei migliori osservatori astronomici della Terra come il Very Large Teloscope dell’ESO in Cile e l’Infrared Telescope Facility della Nasa, situato in cima al vulcano Manua Kea alle Hawaii.

La prima osservazione ha inizio nell’inverno boreale terrestre del 2010, per esattezza il 5 Dicembre, quando su Saturno, dove un anno equivale a 30 dei nostri e le stagioni si susseguono a ritmi molto più lenti, era ancora primavera.
Il periodo in cui gli scienziati attedevano possibili tempeste era previsto per il 2017, quando avviene il solstizio saturnino, e invece, proprio quel giorno di due anni fa, gli studiosi si sono soffermati accorgendosi che sull’emisfero nord si stava scatenando una grandiosa burrasca, battezzata appunto “la grande tempesta di primavera”  o “la grande tempesta del nord”,  un fenomeno titanico in cui si sono formati vortici di  dimensioni che, all’apice dell’ intensità, hanno superato quelle della grande macchia rossa di Giove. Vortici al cui interno si producono fulmini diecimila volte più potenti di quelli terrestri e si creano forze elettromagnetiche estreme. Secondo le previsioni la tempesta si sarebbe dovuta placare gradualmente attorno al 2013, diminuendo di intensità, ma i nuovi dati raccolti smentiscono ogni calcolo precedente.

Leigh Fletcher, dell’Università di Oxford, si dichiara allibito: «È qualcosa che non s’era mai visto prima. Mai, in nessun pianeta del Sistema solare». Il fenomeno ha lasciato il team con gli occhi incollati su Saturno, studiando le conseguenze che l’evento crea nell’alta atmosfera, effetti che fanno nascere ancora molti interrogativi. Il passo sucessivo della ricerca, richiede una vista ad infrarossi, di cui solamente l’occhio  o “strumento Cirs” della sonda Cassini è dotato, col quale si potrà ottenere uno spettro accurato delle temperature raggiunte all’interno della tempesta, e attraverso il quale, soprattutto, si potrà finalmete  esaminare la composizione chimica del pianeta.

I risultati ottenuti dal Cirs hanno appunto dell’incredibile, le risposte hanno lasciato la comunità scientifica a bocca aperta per i parametri riscontrati. Le pervisioni non corrispondono ai dati raccolti dallo spettrometro a infrarossi, poichè i picchi reali di temperatura raggiunta dal vortice sono al meno di 83 gradi maggiori rispetto ai calcoli e rispetto alla vicina atmosfera ai margini del fenomeno. Inoltre sono state riscontrate altissime concentrazioni di etilene e acetilene, che rimangono isolate dall’ambiente circostante da barriere create da costanti venti circolatori in senso orario, con enormi differenze chimico-fisiche tra l’interno del fenomeno e il resto della atmosfera.

«Il  picco di temperatura è così estremo da non crederci, soprattutto in questa regione dell’atmosfera di Saturno, che è tipicamente molto stabile», dichiara Brigette Hesman, della University of Maryland. «Per avere sulla Terra un’escursione termica analoga, dovremmo passare dal pieno inverno di Fairbanks, in Alaska, alla piena estate del deserto del Mojave».

L’etilene, inoltre, è disponibile sulla Terra sia da fonti artificiali che naturali, è un gas inodore e incolore, ma è assolutamente anomalo per Saturno.  La stranezza che sta tenendo in allerta gli scienziati è  proprio la quantità di questo gas all’interno del mega vortice,  che risulterebbe superiore alle 100 unità ritenute possibili per il pianeta.

Quale possa essere l’orgine e la causa di tutto questo è ciò che il team di studiosi ancora si sta chiedendo, ma di sicuro hanno escluso la possibilità che il gas provenga da un riserva presente negli strati più bassi dell’atmosfera di Saturno.

«Mai prima d’ora ci eravamo imbattuti nell’etilene su Saturno, dunque è stata una vera sorpresa», questa l’ammissione del responsabile dello strumento CIRS, Michael Flasar, del Goddard Space Flight Center della NASA.

Il grande lavoro degli scienziati è solo all’inizio. I primi dati raccolti hanno già fatto scalpore nell’ambiente accademico e le notizie si sono divulgate con articoli pubblicati sul sito e nota rivista scientifica Icarus (vedi fonti) e il 20 Novembre 2012 ne uscirà un altro su ApJ – the Astronomical Journal (vedi link).

I grandi uomini  e donne che sono al lavoro e a capo del team di ricerca sono già in fibrillazione in vista del periodo di apice della tempesta previsto per il 2017, quando la sonda Cassini, sarà l’occhio puntato sul fenomeno, “lo strumento giusto al posto giusto nel momento giusto”, in viaggio sulla atmosfera del pianeta con gli anelli, il più affascinate del nostro sistema solare. La sonda Cassini, che proprio quest’anno compie 15 anni dal lancio, ci regalerà risposte nuove sullo splendido interrogativo che è il nostro Universo.

di Micaela Luna Celani

Fonti: http://www.media.inaf.it/2012/10/26/tempesta-saturno-cassini/

Link:

http://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0019103512003430

http://iopscience.iop.org/0004-637X

La rete si sta riempiendo di testimonianze e registrazioni di strani suoni che si scatenano all’improvviso, non si sa da cosa siano orginati, e sembrano diffondersi nell’ambiente. Boati, suoni metallici o simili a quelli delle interferenze radio. Sono rumori diffusi, senza un punto preciso di provenienza. Da dove nascono e cosa sono? Vengono dalle viscere della terra o dal cielo? Vengono chiamati “Godzilla sounds” o “suoni dell’Apocalisse”, di certo negli ultimi mesi si stanno verificando fenomeni simili in varie aree geografiche del pianeta e molti di quelli registrati sono già in rete e non resta che ascoltarne alcuni per farci un’idea. In effetti dalla rete si possono scaricare suoni di ogni genere e montarli ad hoc su qualsiasi scena di vita comune o paesaggio. I casi più eclatanti sono sempre comunque quelli con più testimoni oculari e in questo caso ovviamente, uditivi. Da Kiev al Michigan, dalla Scandinavia alla Florida, casi simili, non del tutto uguali stanno sconvolgendo un gran numero di persone, chi ci crede solo a vedere questi video, chi è stato diretto testimone. All’origine di fenomeni che possono rientrare in questa casistica, vi sono l’elettromagnetismo, lo spostamento di meridiani magnetici, spostamenti di placche, attività sismica e c’è anche chi ipotizza la presenza di UFOs, di grandi velivoli in sosta sopra le nostre teste , ma invisibili agli occhi, anche se ascoltando bene, sembrano semmai grandi astronavi che cigolano o grossi mostri che brontolano o lagnano, mah!?….l’ultimo caso è stato registrato in Costa Rica, il suono che sentirete nel video è stato avvertito in tutta la regione. I sismografi, al momento, non hanno però segnalato alcuna anomalia…tendete l’orecchio!!!

Costa Rica un telegiornale segnala il fenomeno

Taos (New Mwxico)

Uno dei più arcani testi letterari potrebbe essere il prodotto di un abile falsario, ma molti sono convinti che sia autentico. Nessuno, fino ad oggi, è riuscito a decifrare il linguaggio in cui è scritto.

Wilfrid Voynich

Il manoscritto di Voynich deve il nome ad un antiquario americano appassionato di testi antichi, Wilfrid Voynich (foto), appunto, che sembra abbia scoperto in uno scantinato di una polverosa biblioteca di un  convento gesuita, Villa Mondragone di Frascati, vicino Roma, nel 1912, l’antico testo in questione, grazie all’assistenza del priore, padre Strickland. Si tratta di un formato di 22 centimetri per 16, in tutto 102 fogli per 204 facciate scritte e illustrate a mano, e con 24 pagine mancanti (si deduce dalla rilegatura), perse nel corso dei secoli. Vi sono anche cinque fogli ripiegati a metà, tre fogli ripiegati tre volte, un foglio piegato quattro volte e un foglio con sei ripiegature. La scrittura, un totale di 250mila caratteri per poco più di quattromila parole. Di queste 1284 sono presenti più di una volta; 308 minimo otto volte; 184 minimo quindici volte; 23 sono presenti minimo cento volte. La lingua è sconosciuta ancora oggi, così come il significato delle illustrazioni (piante, donne in acqua, sfere celesti).

Un estratto del testo

Un libretto misterioso anche per i computer più tecnologici, anche a quelli dei servizi segreti americani che per diversi

anni si sono impegnati a renderlo chiaro. A prima vista potrebbe sembrare un trattato medievale di qualche alchimista, forse vissuto fra il 1450 e il 1500, deduzione suggerita da una lettera del XVII secolo inclusa nel manoscritto, che ne attesta il possesso nel 1586 da parte di Rodolfo II, imperatore del Sacro Romano Impero, il quale pare lo abbia dato in consegna a due esperti linguisti. Da qui se ne perdono le tracce per 250 anni, fino al ritrovamento da parte di Voynich, che lo affida ai migliori crittografi del tempo, ma con nessun risultato concreto, fino a far supporre che non vi sia nulla da decifrare in realtà, perché non esiste nessun codice. Insomma, nulla più che un elaborato falso. Appare tuttavia strano che in un falso siano contenute una serie di regolarità strutturali per tutte le pagine del libro, e una sorprendente esattezza e precisione nella distribuzione delle parole della lingua, che ormai è nota come “Voynichese”.

Recentemente Gordon Rugg, esperto di lingue antiche, ha scoperto che è possibile duplicare molte delle principali figure del “Voynichese”, usando un semplice strumento già in uso nel XVI secolo. Il testo generato da questa tecnica condurrebbe però a semplici scarabocchi, scritte senza senso o messaggi nascosti. Questa scoperta non prova però che il manoscritto sia un falso, ma sostiene la teoria secondo cui un avventuriero inglese di nome Edward Kelley possa aver concepito il documento per defraudare l’imperatore, che infatti pagò una somma di 600 ducati  (circa 70mila dollari attuali) per il manoscritto.

Una mappa ripiegata completa

Dopo il ritrovamento, il primo tentativo scientifico di interpretare il manoscritto è del 1921 da parte di William Newbold, professore di filosofia della Pennsylvania University. Secondo l’ipotesi da questi elaborata, ogni carattere contiene piccoli segni, visibili solo con un ingrandimento, che formerebbero una sorta di vocabolario stenografico in greco. Secondo Newbold, il manoscritto risalirebbe al XII secolo e l’autore sarebbe lo scienziato e filosofo Roger Bacon, autore per altro di celebri descrizioni del microscopio. Leonell Strong, un genetista della , Yale University, attribuisce l’opera ad Anthony Ascham, un astrologo inglese del Cinquecento.

La tesi di Newbold non regge per molto: un attento esame proprio al microscopio rivela che i piccoli segni sono solo micro spaccature nell’inchiostro secco, dovute all’età della carta. A questo seguono una serie di fallimenti, come quello di Leonell Strong e Joseph Feely, due esperti di decrittazione che usano un cifrario basato sulla sostituzione delle lettere originali con caratteri romani, giungendo ad una traduzione dal senso ben poco chiaro. E non è tutto: c’è chi sostiene di avere prove che il manoscritto sia stato redatto da Leonardo Da Vinci nel 1460. Altri invece vedono nell’opera la leggendaria “Clavicola di Salomone”, un testo magico del terzo re di Israele che conterrebbe evocazioni per dominare gli spiriti e istruzioni per costruire potenti amuleti.

Il manoscritto

Dopo la fine della seconda guerra mondiale il manoscritto viene affidato agli esperti militari americani che avevano violato il codice Magic della marina imperiale giapponese, ma anche questi non arrivano a nulla di definitivo. Nel 1978 John Stojko, filologo, dopo un’analisi del testo, sostiene che la lingua poteva essere una antica forma di ucraino senza le vocali. In base a questo criterio si arriva a una traduzione con frasi come “Il Vuoto è ciò per cui l’Occhio del Dio Bambino combatte accanitamente”, che non ha nulla a che fare con le illustrazioni o con la storia ucraina.

Nel 1987 un medico di nome Leo Levitov sostiene che il documento era stato prodotto dalla setta eretica dei Catari, in Francia meridionale, ed era scritto in una commistione di parole di varie lingue. La traduzione, ad ogni modo, anche in questo caso non aveva senso compiuto o collegamento con la teologia Catara. Altro sbaglio, poi, la traduzione della stessa parola con un termine in una parte del manoscritto, e con un altro termine in un’altra parte, in base al principio di diverse soluzioni di uno stesso anagramma.

Molti studiosi hanno avanzato l’ipotesi che se il manoscritto di Voynich non fosse scritto in alcun codice, potrebbe trattarsi di un linguaggio ancora sconosciuto, per il fatto che presenta le già citate regolarità tipiche di una lingua.

Una parola, ad esempio, è ripetuta più volte nel corso di una stessa frase o riga. Si è provato quindi ad applicare il metodo EVA, cioè l’alfabeto europeo di Voynich (European Voynich Alphabet), cioè una convenzione elaborata per tradurre i caratteri del manoscritto in caratteri romani. La soluzione proposta si discosta troppo dalle caratteristiche di tutte le lingue conosciute, antiche o moderne che siano, ed è decisamente troppo complessa, paradossalmente anche se riferita a frasi espresse da persone affette da disturbi psicologici o patologie per danni cerebrali, come si è avuta occasione di studiare. Dopo i numerosi tentativi, si ritorna quindi all’ipotesi del codice, un codice decisamente insolito ed estremamente difficile, anche nell’ipotesi che si tratti di un abile falso storico.

Con tale criterio, Gordon Rugg è tornato a studiare il manoscritto insieme alla collega Joanne Hyde, rivalutando cioè le tecniche del ragionamento fin’ora utilizzate con il principio che la struttura linguistica del manoscritto debba essere analizzata dal punto di vista deduttivo del linguista puro. Partendo da questo, si è ripresentata l’ipotesi del falso storico, ma anche in questo caso la ricerca si è arenata in assenza di elementi di riferimento.

Una parte del codice Voynich

Una nuova ipotesi è stata proposta da Jorge Stolfi, ricercatore dell’università di Campinas, in Brasile: può essere possibile che il manoscritto sia stato composto usando accoppiamento di lettere o sillabe in modo casuale e senza alcun criterio logico? Potrebbe…ma come porsi in tal caso davanti alla rigida regolarità del testo e ad altre caratteristiche come l’individuazione di caratteri comuni e le combinazioni sillabiche? Tutto questo non può essere il risultato di una scelta casuale, anche se la casualità, d’altra parte, può essere una delle chiavi di lettura.

Per i ricercatori del nostro tempo è un concetto normalmente accettato, ma non era così ai tempi in cui si data la stesura del manoscritto. Rugg ha così iniziato a domandarsi se alcune delle strutture del manoscritto potessero essere state prodotte da uno strumento ormai considerato obsoleto. Sembrava proprio che l’ipotesi dello scherzo meritasse maggiori indagini. Il passo successivo era tentare di produrre un documento falso per vedere quali effetti si sarebbero potuti ottenere. La prima domanda era: che tecnica usare? L’approccio doveva essere “storicizzato”, ovvero, guardare con gli occhi di un uomo del tempo, e così Rugg ha deciso di utilizzare la celebre “griglia di Cardano”, un sistema elaborato dal matematico italiano Girolamo Cardano nel 1550, basato su cartelle con “sportelli” apribili da sovrapporre a un testo. Senza addentrarsi nel particolare e complicato sistema della griglia a tre aperture, per tentare di tradurre per permutazioni dei prefissi dei vocaboli, il risultato ottenuto portava ad un quesito basilare senza risposta: il manoscritto contiene solo scarabocchi senza senso o un messaggio codificato?

Se la griglia di Cardano fosse stata usata, in effetti, per creare il manoscritto Voynich, l’autore probabilmente non intendeva elaborare un testo, quanto riprodurre un esempio di metodo articolato e intelligente. Rugg non ha trovato evidenza alcuna che il manoscritto celi un messaggio codificato, ma ciò non esclude la possibilità che il manoscritto sia autentico. E se anche fosse un falso, resterebbe di notevole pregio in quanto per arrivare ad un elaborato del genere l’autore deve essere dotato di indubbio acume ed esperienza…come ad esempio John Dee ed Edward Kelley (abile e noto falsificatore nonché alchimista avvezzo all’uso delle griglie di Cardano) che visitarono la corte di Rodolfo II nel 1580…Per diverso tempo Kelley è creduto l’autore del manoscritto.

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Nel 1976 William Bennet, ingegnere informatico, esamina il manoscritto dal punto di vista dell’applicazione del linguaggio metodologico del computer, giungendo ad un risultato decisamente interessante: la determinazione dell’entropia del linguaggio voynechese, molto minore rispetto a una qualunque lingua europea antica o attuale.

Com’è noto, l’entropia stabilisce il grado di disordine all’interno di un sistema (la legge della termodinamica, in fisica, stabilisce che qualunque sistema tende all’entropia sempre crescente). Nella comunicazione linguistica, l’entropia indica il grado di relativa assenza di informazione, in pratica, l’incertezza data da un determinato messaggio, frase, testo. In un discorso dove, per esempio, si trova la sequenza “chf chf chf chf ch” vi è un certo grado di sicurezza che la successiva sequenza inizi con la lettera “f”, quindi una bassa entropia. Ma se ci si trova davanti a sequenza tipo “hjlksurhgkdsfvbkrrpmnv” non si può esser sufficientemente sicuri di identificare con quale lettera inizi la successiva frase, e si ha una entropia decisamente alta. Bennet riesce a stabilire che il manoscritto ha una bassa entropia, ma l’unica lingua che può costituire un termine di paragone…è l’hawaiano…

Il ricercatore dell’università di Birmingham, Gabriel Landini, ha invece analizzato il testo impiegando l’analisi spettrale, tecnica usata per studiare la struttura e i caratteri apparentemente casuali del DNA, ma anche se ha identificato alcune parole di senso compiuto, non è riuscito a costruire un testo che abbia un senso generale nel suo complesso.

Botanica

L’unica cosa chiara è, fin’ora, che il manoscritto è diviso in cinque parti. La prima è definita “Botanica” contiene 113 illustrazioni di piante sconosciute; la seconda è la “Astronomica”, con 25 diagrammi riferiti a temi astrali non meglio definiti, eccetto Sole, Luna e alcune costellazioni della Via Lattea; altre ancora sembrano riprodurre la Galassia di Andromeda. La terza parte è detta “Biologica”, con 227 illustrazioni di nudi femminili, molte raffigurate in evidente stato di gravidanza e immerse in vasche collegate fra loro da strane tubazioni simili a tube di Fallopio. La quarta parte è la “Farmacologica”, con disegni di radici sconosciute, piccole piante e contenitori tipici usati per spezie e droghe. La quinta e ultima pare essere una sorta di indice generale.

L’unica certezza è che dopo anni di ricerche e tentativi il manoscritto di Voynich, oggi conservato alla Beinecke Book & Manuscript Library di Yale, continua ad essere uno dei testi più misteriosi della storia.

IN FLORIDA C’E’ UN CASTELLO CHE…

Veduta aerea di Coral Castle

I segreti di Coral Castle, luogo di sorprendente bellezza che nasconde molti misteri rimasti insoluti

Un luogo fra i più strani e bizzarri al mondo. Si trova a poca distanza da Miami sulla Nazionale 27 arrivando da nord, proseguendo lungo la 157a Avenue. Bisogna davvero vederlo con i propri occhi per credere che sia vero. E’ stato costruito fra il 1920 e il 1940 su un’area di quattro ettari, non da un’impresa edile di quelle che realizzano grandi opere, non da operai con strumenti di alta precisione, ma incredibilmente da un uomo solo. Questo è uno dei primi misteri che avvolgono il posto: come è stato possibile? Di certo è spiegabile il perché: il motivo più antico e nobile, per amore.

L’autore di tutto questo si chiamava Edward Leedskalnin, un piccolo uomo (pesava circa 50 Kg ed era alto solo un metro e cinquantadue centimetri) nato a Stramereens Pogosta, un piccolo villaggio vicino a Riga, in Lettonia, nel 1887. Da giovane Ed si è innamorato di una ragazza, che chiamava solo “la mia dolce sedicenne”, la quale non ha mai voluto ricambiare tale sentimento, abbandonandolo il giorno in cui avrebbero dovuto sposarsi, così, deluso e sconsolato, ma tutt’altro che rassegnato, a 26 anni inizia a viaggiare per trovare un luogo dove avrebbe dimostrato alla propria amata la grandezza del suo amore. Visita quasi tutta l’Europa, il Canada, poi arriva negli Stati Uniti, in Florida, e decide che lì sarebbe sorto

Ed posa all'interno del castello

il monumento che gli avrebbe fatto riconquistare l’amore perduto. Memore dei grandi monumenti del passato, costruiti in nome dell’amore (il Taj-Mahal in India voluto dal re Shah-Jahan per la moglie Mumtaz-Mahal; i giardini pensili di Babilonia fatti erigere da Nabucodonosor per la consorte; il castello di Chenonceau sulla Loira dedicato a Diane de Poitiers da Enrico II; o ancora il meraviglioso Hammam di Istanbul che Suleiman il Magnifico fa costruire per Roxelana) Edward inizia un’impresa che ha del miracoloso, ma purtroppo rimase deluso anche in questo, poiché, quando l’opera fu completata, la “dolce sedicenne” Agnes Skuvst non andò mai a vederla semplicemente perché non interessata, ed Edward morì in solitudine nel 1952.

Quando era impegnato nei lavori, che effettuava prevalentemente di notte, si potevano scorgere strani bagliori e lampi, e udire flebili suoni o vibrazioni. Di giorno, se qualcuno andava a trovarlo o solo a curiosare, Ed smetteva finché i visitatori non andavano via. Ma come è stato possibile, per il gracile Edwad, modellare, sollevare e spostare da solo blocchi di pietra pesanti fino a 30 tonnellate? Si resta senza parole ammirando il modello in scala del sistema solare, con Saturno, del peso di circa 20 tonnellate, posto ad una certa altezza e su un muro largo meno di un metro, oppure la poltrona a dondolo da 10 quintali, o la Fontana della Luna che rappresenta le fasi lunari, con i quarti di luna che pesano circa 18 tonnellate, e la luna piena che ne pesa 23…E che dire dell’obelisco alto più di 8 metri che si aggira intorno alle 30 tonnellate. E non è tutto:  all’interno del “castello” si trova la stanza nuziale, quelle dei giochi per i bambini, e altri ambienti da sogno.

Uno degli strumenti usati da Leedskalnin

Nelle poche dichiarazioni rilasciate, Edward ha fatto riferimento a conoscenze in possesso di pochi, parlando anche degli stessi metodi usati per la costruzione delle piramidi, ma niente di più uscì mai dalla sua bocca, e i segreti di Coral Castle giacciono con lui. Si sa solo che era un iniziato a culti misterici, e con amicizie molto particolari.

Ha comunque realizzato qualcosa di decisamente unico al mondo, con una pianta geometrica che richiama motivi sacri, utilizzando macchinari rudimentali basati sulle forze della Natura che i moderni scienziati riescono a malapena a comprendere perché probabilmente l’approccio è fatto dal punto di vista della tecnica moderna. Apparentemente si possono osservare bottiglie avvolte in filamenti di rame come solenoidi, travi di legno e pali telefonici che formano un argano, altri aggeggi in metallo e alcuni scarti di strumenti che restano incomprensibili.

Perché proprio in Florida? E’ qui che Edward trova un particolare tipo di pietra, dal colore blu-argenteo con affascinanti riflessi, e di particolare robustezza, chiamata Coral Stone.

Non pochi ipotizzano che Edward avesse trovato, nella misteriosa scatola di metallo posta sulla sommità degli strumenti utilizzati, il segreto dei segreti: come manipolare la gravità terrestre. Fra i pochi resti e progetti rimasti, si deduce che Edward abbia compiuto calcoli astronomici di estrema complessità, fra i quali il diagramma della esatta orbita terrestre intorno al sole, ricavato dalle osservazioni effettuate con un telescopio di pietra da 30 tonnellate. Sono oltremodo chiare le analogie con costruzioni realizzate in altri angoli del mondo, come gli edifici della piana di Giza in Egitto, o le piramidi Maya nello Yucatan, o ancora le costruzioni Inca in Perù, ma in quel caso sono stati utilizzate migliaia di schiavi, mentre Coral Castle è stato edificato da un uomo solo.

Che suggerimenti o deduzioni si possono trarre dalle poche dichiarazioni di Edward, come “La materia è formata da magneti individuali in movimento, ed è proprio il movimento di questi magneti nella materia attraverso lo spazio a produrre fenomeni come il magnetismo o l’elettricità…”? D’accordo, ma non è sufficiente il gioco che tutti abbiamo fatto da bambini a scuola, avvicinando i poli dello stesso segno di due calamite…Eppure è celato in queste poche parole il segreto del controllo del magnetismo e della gravità: il principio secondo cui la materia ha delle proprietà magnetiche e che basta avvolgerla con del filo di rame e mandare il giusto impulso radio con la giusta frequenza per annullare la sua gravità. Un impulso che potrebbe partire da una piccola stazione radio, che secondo molti era nascosta nella scatola sopra il tripode usato da Ed, e che veniva utilizzata con una determinata sintonia con quella che era definita la “Repentance Corner”, un vano progettato per mettere in punizione i bambini ma che, data la posizione anomala rispetto alla pianta generale del complesso, suggerisce un utilizzo diverso, con fessure e intagli particolari che potrebbero essere stati usati per determinare le frequenze radio e spostare i blocchi di pietra.

Il cancello da 9 tonnellate

Anche il grande cancello, e il suo funzionamento, costituiscono un mistero: 9 tonnellate di pietra che si aprono con la pressione di un dito. All’interno della pietra, infatti, c’è un foro della lunghezza di quasi tre metri in cui passa l’asse portante della struttura, ma con precisione talmente millimetrica che oggi è possibile riprodurre solamente con l’uso di un raggio laser. Dalla parte esattamente opposta, all’interno, stesso discorso per un cancello di forma triangolare del peso di circa 3 tonnellate. E inoltre, la torretta al lato dell’entrata principale ha un peso complessivo di oltre 240 tonnellate.

Conoscenze esoteriche? Levitazione sonica e vibrazioni sonore? Poteri soprannaturali? Nessuno sa spiegarlo. Certo è documentato che alcuni monaci tibetani sono capaci si sollevare e frantumare grandi blocchi di pietra con un suono prodotto da tamburi di particolare fattura o trombe lunghe tre metri. La forza di gravità attirerebbe cariche elettriche o elettrostatiche positive mentre respingerebbe quelle negative per ragioni ancora inspiegabili, quindi, se si raggiungesse il controllo di queste cariche negative si potrebbe regolarne a piacimento la direzione, la velocità, la durata, l’intensità, la frequenza e così via. Siamo però nel campo della pura scienza del condizionale e non riconosciuta da quella ufficiale…anche se questo non è un motivo sufficiente per negarne l’esistenza.

Le conoscenze di Ed Leedskalnin hanno diversi riferimenti con le teorie propugnate da personaggi celebri ma che la scienza ufficiale ha sempre considerato poco credibili. Fra essi John Worrel Keely, che nella seconda metà dell’800 ha inventato una serie di macchinari per sollevare pesanti oggetti e frantumare la pietra, basati sul suono di strumenti musicali propagato attraverso un filo metallico. Noti scienziati come Jules Verne e Thomas Edison hanno assistito agli esperimenti di Keely, con tanta ammirazione che furono suoi sostenitori presso alcuni finanzieri dell’epoca, i quali si convinsero a fondare la Motor Keely, azienda costruttrice di motori e macchinari vari. Keely, come Leedskalnin, si è sempre rifiutato di fornire spiegazioni plausibili alle sue teorie, fino ad entrare in contrasto con i propri finanziatori e a morire in solitudine.

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Anche la famosa Madame Blawatsky parla di Keely e delle sue “magie”, dicendo che gli era stato dato il dono di superare un limite fino ad allora invalicabile, ma Keely stesso sarebbe rimasto segnato dalla sua scoperta, una forza che gli derivava da Atlantide chiamata Mash-Mak. E’ altresì provato che alcuni edifici particolari, fra cui la grande piramide di Giza e gli monoliti di Carnac, emettono vibrazioni a bassa frequenza, e che a Stonehenge si è registrata la amplificazione di suoni, come a Tihauanaco, in Bolivia, dove su alcune colonne sono incisi segni che inequivocabilmente raffigurano il diapason. Presso la Piramide del Mago, a Uxmal, la sommità riproduce un suono simile ad un cinguettio, e a Chicen Itza, famosa città Maya nello Yucatan, in certi punti l’eco viene riflesso da un angolo all’altro con sorprendente chiarezza ma senza apparente spiegazione.

Tornando a Coral Castle, fra le amicizie di Edward Leedskalnin a cui si è accennato, va menzionato il famoso scienziato

Nikolai Tesla

Nikolai Tesla, con il quale aveva in comune una decisa avversione verso i dogmi della scienza ufficiale. E’ noto che i due hanno passato molto tempo in misteriosi esperimenti, la cui natura non è mai stata chiarita. Tesla, nato nel 1856 in Croazia, è considerato uno dei più brillanti quanto contestati scienziati del Novecento. Le sue scoperte sono numerose e fondamentali (insieme ad un buon numero di fallimenti): la corrente alternata, il primo impianto funzionante ad energia idroelettrica, numerosi test basati sulla sismologia e la fluorescenza, e c’è chi gli attribuisce l’invenzione della radio. Anche Tesla, come Edward Leedskalnin e John Keely, muore dimenticato e in solitudine nel gennaio 1943, ma del suo lavoro si è appropriata la FBI catalogandolo “Top Secret”.

La cosa che più desta meraviglia è comunque che Edward aveva costruito il castello nei pressi di Florida City, e solo dopo ha deciso di smantellarlo e ricostruirlo nelle vicinanze di Homestead. Come ha potuto farlo se nemmeno la forza dell’uragano “Andrew” ha smosso una sola delle pietre di Coral Castle mentre i dintorni parevano essere stati il luogo di una guerra a colpi di artiglierie e bombardamenti aerei?

La chiave di tutto sembra essere proprio in quest’ultimo episodio. C’è chi sostiene che lo strumento potrebbero essere le griglie del campo magnetico terrestre, una delle quali passa proprio fra Florida City e Homestead. Certo, è pura teoria, ma soprattutto resta un interrogativo: anche se Ed Leedskalnin avesse avuto conoscenze di tal genere, come ha potuto renderle in pratica, e specialmente da solo?

Due anni fa or sono, era Novembre e a Genova si teneva il Festival della Scienza. Oramai i media pullulavano di speculazioni su una supposta “fine del mondo” prevedibile per il 2012. Le ipotesi più variegate si sono susseguite, libri di autori che in realtà sono presentatori televisivi, da Roberto Giacobbo di “Voyager”  ad Alessandro Cecchi Paone, per non citare persone ben più degne di nota scientifica e professionale o altri fantasticatori che hanno avuto modo di pubblicare facilmente, dato l’argomento di interesse pubblico. Ma quali sono i fondamenti su cui questi autori si stanno basando, quali sono  le fonti storiche e scientifiche su cui poter speculare e su cui invece poter divulgare informazioni plausibili, magari più meritevoli di riflessione?

In questa categoria vorrei proporre approfondimenti di ordine storico e scientifico, per quanto nelle mie possibilità. Analizzerò tutto ciò che ho raccolto attraverso la rete, con mente scettica ed aperta allo stesso tempo, senza però lasciarmi fuorviare. I miei acerbi studi di archeologia e  le mie basi di astronomia, faranno da ammortizzatori ad un punto di vista che denota la mia indole sognatrice, e le scoperte scientifiche di cui potrò disporre, faranno da perno e da confronto ad ogni riflessione.

Mi avvarrò della collaborazione di archeologi, scienziati, giornalisti e storici per poter proporre un’informazione il più completa possibile.

Oggi i segni di uno sconvolgimento planetario non sono imminenti, ma si possono vedere sugli schermi, ad ogni edizione di telegiornale. Quel novembre 2009 mi recai insieme al mio collaboratore, il giornalista e scrittore storico, Roberto Roggero, all’Osservatorio del Righi, ai piedi del Forte Sperone, uno dei sette forti sulle colline sopra la città di Genova. I telescopi dell’osservatorio erano di libero accesso al pubblico variegato, tra bambini e anziani e giovani assetati di conoscenza. La visione di Andromeda, di Giove, che brillava fulgido nei cieli già da tutta l’estate, è stata un’esperienza da togliere il fiato. L’incontro si è chiuso con una presentazione tenuta dal noto astronomo e responsabile dell’osservatorio, Walter Riva, che raccontava attraverso proiezioni di immagini,  come le macchie solari fossero state parte della ricerca del grande Galileo Galilei, che per primo aveva osservato. Le domande erano aperte e si è venuto a creare un bel dibattito tra pubblico ed esperti. Verso la fine della serata, purtroppo, si è aperto il curioso discorso sulla possibile “fine del mondo”, ed io non mi sono lasciata scappare l’occasione: “Ne vediamo di tutti i colori dalla rete ai programmi tv, da Nibiru, a grandi asteroidi in collisione con la terra, allineamenti di pianeti, e il sole che potrebbe abbrustolirci da un momento all’altro…mi scusi, secondo lei, quale di queste tante ipotesi è la più veritiera, quale è appoggiata da studi scientifici verificabili???”

Punto per punto, abbiamo dissezionato insieme le domande tra vero e falso.

  • Nibiru, e le foto che girano in rete sono assolutamente dei falsi; se esistesse un pianeta di tali dimensioni, dopo svariate ed accurate spedizioni spaziali, osservazioni con telescopi ad alta definizione in orbita ad anni luce attorno al sistema solare…beh, se ci fosse, si sarebbe visto o quanto meno, si sarebbero osservate anomalie a livello gravitazionale, che non ci sono state e non ci sono.
  • L’asteroide Aphosis 2004 MN4? Anche riguardo a questo è tutto esagerato, vi sono più possibilità di vincere al super.enalotto che questo asteroide si possa schiantare o anche solo sfiorare l’orbita terrestre. L’allarme del suo impatto nel 2009, tra l’altro, è stato breve ed è rientrato già da due anni. L’asteroide rimane sotto osservazione costante, identificato come di Livello 1, e se ne riparlerà tra qualche anno, perchè nel 2036 potrebbe riavvicinarsi alla terra.
  • I Maya?  Beh questo popolo, come altri nell’antichiìta (vedi i Sumeri), erano dei geni del calcolo astronomico, seguivano con una perfezione inpressionate le orbite di Venere, Luna e Sole, conoscevano la precessione degli equinozi e avevano un calendario che poteva essere utilizzato per circa 26mila anni….si, fino al 2012…si, il loro calendario finisce con il coincidere del solstizio di inverno del 2012. Questo però, non ci da prova di una fine del tempo, del pianeta, dell’umanità. Non vi sono prove epigrafiche, che possano indicarci con precisione una “fine”. Finisce un calendario che per quanto ne sappiamo noi, essendo ad andamento circolare, potrebbe rappresentare solo dei cicli, e per questo essere riutilizzato, ripartendo dall’inizio. Chiude solo un ciclo astronomico.

I maya però si possono ricollegare all’attività solare.

Infatti conoscevano molto bene i cicli di inattività e attività, delle eruzioni solari. Il pianeta terra è da sempre soggetto ai così detti “flair” solari, ossia delle eruzioni talmente forti, da irradiarsi potentemente addosso ai pianeti vicini, colpendone e mettendo a dura prova il loro campo elettromagnetico. In passato vi sono già stati casi di tempeste solari, ma gli effetti sono stati poco visibili agli occhi dell’umanità, se non sotto forma di black out estesi a vaste zone del pianeta (1965 Canada e Stati uniti: 30milioni di persone rimaste al buio). Oggi non potremmo fare a meno dei dispositivi elettronici, le comunicazioni salterebbero, tutto si fermerebbe, senza elettricità. Bisogna dire però che questa è l’ipotesi più accreditabile tra tutte. Il sole ha un ritmo “sonno-veglia” di 11 anni, cicli in cui l’attività magnetica, ossia il motore della nostra stella, cambia a seconda delle eruzioni e delle macchie solari osservabili. L’iperbole di attività solare che avviene durante questi 11 anni, ha un suo picco durante il quale vi sono brillamenti ed espulsione di massa coronale, con il conseguente aumento delle aurore boreali visibili da noi terrestri,m normalmente nelle zone artiche. Bisogna dire quindi, che in effetti, il 2012 potrebbe proprio coincidere con quel picco di attività, di cui l’aumento sarà già riscontrabile nel 2011……

Nel prossimo approfondimento, tratterò dei comunicati NASA che si son susseguiti riguardo alle tempeste solari che pare, in maniera leggera, si stanno già riversando sul nostro pianeta, indebolendone il già malconcio, campo magnetico naturale.