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La rete si sta riempiendo di testimonianze e registrazioni di strani suoni che si scatenano all’improvviso, non si sa da cosa siano orginati, e sembrano diffondersi nell’ambiente. Boati, suoni metallici o simili a quelli delle interferenze radio. Sono rumori diffusi, senza un punto preciso di provenienza. Da dove nascono e cosa sono? Vengono dalle viscere della terra o dal cielo? Vengono chiamati “Godzilla sounds” o “suoni dell’Apocalisse”, di certo negli ultimi mesi si stanno verificando fenomeni simili in varie aree geografiche del pianeta e molti di quelli registrati sono già in rete e non resta che ascoltarne alcuni per farci un’idea. In effetti dalla rete si possono scaricare suoni di ogni genere e montarli ad hoc su qualsiasi scena di vita comune o paesaggio. I casi più eclatanti sono sempre comunque quelli con più testimoni oculari e in questo caso ovviamente, uditivi. Da Kiev al Michigan, dalla Scandinavia alla Florida, casi simili, non del tutto uguali stanno sconvolgendo un gran numero di persone, chi ci crede solo a vedere questi video, chi è stato diretto testimone. All’origine di fenomeni che possono rientrare in questa casistica, vi sono l’elettromagnetismo, lo spostamento di meridiani magnetici, spostamenti di placche, attività sismica e c’è anche chi ipotizza la presenza di UFOs, di grandi velivoli in sosta sopra le nostre teste , ma invisibili agli occhi, anche se ascoltando bene, sembrano semmai grandi astronavi che cigolano o grossi mostri che brontolano o lagnano, mah!?….l’ultimo caso è stato registrato in Costa Rica, il suono che sentirete nel video è stato avvertito in tutta la regione. I sismografi, al momento, non hanno però segnalato alcuna anomalia…tendete l’orecchio!!!

Costa Rica un telegiornale segnala il fenomeno

Taos (New Mwxico)

Le celebri statue giganti di Pasqua

I molti interrogativi della scrittura dell’isola di Pasqua

Sono gli olandesi a chiamare la piccola isola del Pacifico meridionale con il nome che l’ha resa celebre: nella domenica di Pasqua del 1722 tre navi comandate dall’ammiraglio Jacob Roggeveen gettano l’ancora al largo di quella che era una terra già abitata, poiché i nuovi arrivati sono accolti da fuochi accesi sulle spiagge.

Una volta sbarcati, si rendono conto della presenza di gigantesche statue di pietra, riccamente ornate di fiori, adorate dagli indigeni con profonda devozione. Le cronache del tempo riferiscono di abitanti diversi fra loro: alcuni dalla pelle scura, altri più chiara, altri ancora dal colorito rossastro, e tutti vivevano in capanne costruite con giunchi che parevano imbarcazioni capovolte. I capi tribù, o quelli che comunque dovevano essere figure importanti della comunità locale, portavano grandi dischi inseriti nei lobi delle orecchie. Nel 1770 il vicerè spagnolo del Perù invia una spedizione. La flotta rimane circa una settimana nell’isola e dopo non poche contrattazioni, gli spagnoli ottengono la sottomissione degli indigeni in base ad un documento, ma le difficoltà linguistiche e l’incomprensibile dialetto locale senza dubbio non fanno comprendere agli indigeni le conseguenze della loro decisione.

Isola di Pasqua con i siti principali delle grandi statue (mappa1)

Anche il famoso navigatore inglese James Cook arriva a Pasqua nel marzo 1774. Grazie all’aiuto di Mahine, un indigeno polinesiano, si hanno i primi contatti comprensibili con gli indigeni, si scopre come ricavano e utilizzano rudimentali armi di legno, e che gli indigeni di pelle chiara, che olandesi e spagnoli dicevano di avere notato, erano praticamente scomparsi.

Vent’anni dopo è una spedizione francese comandata dall’ammiraglio La Perouse, ad arrivare nell’isola. La popolazione locale è nuovamente numerosa, non vi è traccia della penuria di cibo notata da Cook, e solo pochi indigeni portano ancora armi di legno, a scopo ornamentale. Il geografo Bernizet compila una mappa degli insediamenti e conferma la distruzione di molte statue, i cui basamenti erano utilizzati come sepolture. Con il passare degli anni l’isola diventa scalo per navi negriere. Intorno al 1805-1810 molti mercanti senza scrupoli arrivavano a Pasqua alla ricerca di schiavi e la popolazione viene a tal punto colpita da incursioni ed epidemie che nel 1877, secondo le cronache, è ridotta a centoundici elementi.

Nel 1885 iniziano le spedizioni a carattere scientifico per spiegare la presenza dei monoliti di pietra lavica, ormai più numerosi degli indigeni: l’anno seguente una missione americana parla di 555 statue, che in realtà sono circa mille, molte finite nell’oceano a causa della costante erosione delle coste (mappa 1).

Particolare di una tavoletta incisa

E’ un religioso ad affrontare per la prima volta il mistero della scrittura indigena detta “rongorongo” (“canto”, “recitazione”), padre Joseph Eyraud, il primo europeo che si stabilisce sull’isola nel 1864.

Eyraud parla di tavolette di legno e bastoni si cui sono incisi segni molto simili ai geroglifici egiziani, all’apparenza intraducibili, raffiguranti alberi, isole, pesci, uccelli, stelle, e altri elementi naturali. I suoi studi vengono purtroppo interrotti l’anno seguente, quando sbarcano in gran numero i missionari europei che costringono la popolazione locale a convertirsi al cristianesimo: molte iscrizioni sono distrutte anche dagli stessi indigeni.

Ancora oggi l’origine della scrittura di Pasqua conserva una parte di mistero. Attualmente tutto ciò che resta sono venticinque iscrizioni, che l’esploratore norvegese Thor Heyerdhal crede derivino dalle Americhe. Certo è che i polinesiani non conoscevano la scrittura, nota invece agli indigeni del Perù (i Conquistadores distrussero numerose tavole in cui gli Incas avevano dipinto e descritto la loro storia) e alle tribù Cuna della Colombia e della zona di Panama, che incidevano testi religioni su tavole di legno.

Esempio riprodotto di scrittura Rongo-rongo

Gi studiosi sono discordi sulle origini della scrittura di Pasqua, alcuni affermano che gli indigeni la ricavano dal trattato con cui gli spagnoli ottengono la loro obbedienza al regno spagnolo del Perù, nel 1770, dal momento che gli elementi in nostro possesso sono datati tutti fra la seconda metà del diciottesimo secolo e i primi anni del successivo.

Ci prova il vescovo di Tahiti, Jaussen, il quale è assistito da Metoro, giovane indigeno dell’isola che sembrava in grado di tradurre alcune tavole, ma lo stesso vescovo si accorge presto che l’isolano si approfittava dell’ospitalità e nient’altro, perché attribuiva diversi significati a uguali simboli. E’ poi la volta di William Thompson, un commissario di bordo della Mohican, nave americana giunta a Pasqua nel 1886, il quale, per conto del National Museum di Washington, aveva raccolto diversi oggetti fra cui molte tavole incise. Thompson era aiutato da un altro indigeno, l’ottantenne Ure Va’e Iko, ma riesce solo a tradurre alcuni simboli come un frammentario canto propiziatorio per la fertilità della terra. Pochi elementi non collegabili fra loro che, in effetti, non portano a nulla di certo.

Frammento n.1 della tavola Mamari

In epoca più recente è lo studioso tedesco Thomas Barthel che identifica 120 elementi su cui basare una prima possibile traduzione, e la combinazione di circa duemila segni. Secondo Barthel le incisioni “rongorongo” esprimono sia concetti teorici sia oggetti concreti, e un singolo segno può rappresentare una intera frase o pensiero. Per questo la traduzione era estremamente difficile. Il risultato più concreto è ricavato dal una tavola detta “Mamari”, che pare un calendario delle fasi lunari.

Frammento n.2 della tavola Mamari

Il linguista americano Steven Fischer, che per molto tempo ha analizzato le iscrizioni, pone l’attenzione principalmente sul cosiddetto “bastone di Santiago”, una sorta di scettro lungo un metro e venti, appartenuto a un capo tribù e ricoperto con circa 2300 segni, divisi in colonne a intervalli regolari.

In ogni sezione, un simbolo ogni tre è associato a un altro che Fischer chiama “falloide”, il quale, a sua volta, non ha riferimenti con l’ultimo o il penultimo segno di ciascuna sezione. Inoltre, ogni sezione compresa nelle linee verticali ha almeno di tre segni “falloidi”. Tale disposizione ha suggerito a Fischer la tesi secondo cui i testi sono basati su una struttura di tre unità in stretto rapporto fra loro, ovvero “triadi”.

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Esaminando poi il canto della fertilità già considerato da Thompson, Fischer rileva quarantuno accoppiamenti, dove l’elemento più significativo è riportato per primo, ovvero la divinità maschile; la divinità femminile era nominata in seconda posizione; la prole generata dall’accoppiamento in terza posizione. Nuovamente la struttura della triade e la evidente analogia con le iscrizioni dello scettro di Santiago. In base a successive analisi, Fischer ritiene che la maggioranza dei testi siano riferiti a miti della creazione, ma l’unica traduzione accettabile riguarda una singola frase composta da tre simboli: “uccello”, “pesce” e “sole”: “tutti gli uccelli si accoppiano con i pesci e da questa unione ha origine il Sole.” Anche se appare approssimativa, è l’unica frase di senso compiuto a cui si è giunti fino ad oggi, ben più fondata se confrontata con altre conclusioni dello stesso Fischer su ulteriori canti della creazione, o “rongorongo”, basati sulla ripetizione della sequenza dei simboli sopra citati e sulla struttura d’insieme della triade.

La conclusione è che, sebbene le iscrizioni dell’isola di Pasqua siano basate su una possibile struttura a tre livelli, questa non è una prova accetta universalmente per dedurre che tutti i testi sono relativi a miti della creazione. Il lavoro di Fischer, sebbene di grande importanza, è considerato un passo in avanti, non un avvenimento basilare. Il mistero dei canti “rongorongo” non è ancora stato svelato.

Dott. C. Ebinger

Dicembre 2011 – Africa: una violenta attività sismica divide il continente in due.

Le fessure hanno fatto la loro comparsa già anni fa, ma negli ultimi mesi l’attività sismica è incrementata nell’Africa Nord orientale, come se il continente si stesse separando lentamente. I ricercatori dichiarano che nella regione la lava è presente in maniera consistente e il magma è normalmente visibile sul fondale marino.

La geologa Cynthia Ebinger (foto) dell’Università di Rochester a New York, riceve una telefonata lo scorso novebre da un impiegato della compagnia mineralogica sul posto, in cui le viene comunicato che il grande vulcano Erta Ale, nel nord est dell’Etipia, stava eruttando. La Ebinger, che studia i vulcani da anni, è stata subito messa in allerta ed è volata in Africa con un gruppo di ricercatori.

“Il vulcano ribolliva; fiamme e zampilli di lava rossa sparate verso il cielo”, dichiara allo Spiegel Online appena giunta sul sito. Il primo riscontro, già assodato da anni di rilievi , è che il suolo si sta sollevando nell’Africa nord orientale e la regione si sta modificando molto velocemente. Il suolo desertico sta tremando e si sta spaccando in evidenti crepe e separandondosi nettamente in diverse zone ; le acque marine si stanno visibilmente riversando sulla terra ferma e salendo di livello. I ricercatori si dicono certi che l’Africa si stia dividendo, con una percentuale di andamento cronologico raramente registrata in geologia. La prima frattura è apparsa milioni di anni fa, risultante della divisione tra il Mar Rosso e il Golfo di Aden. La seconda frattura, si è estesa dal sud dell’Etiopia al Mozambico, conosciuta comunemente come la Grande Rift Valley, sulla quale si allineano svariati vulcani semiattivi, che, a quanto pare, si stanno risvegliando. Milioni di anni da ora e anche questa zona verrà riempita dal mare.

crepa nord

I TEMPI DEL FENOMENO

Nella depressione di Danakil, nella parte nord della Rift Valley, l’Oceano potrebbe giungere molto più velocemente. In questa zona sita a  25mt sotto il livello del mare, le colline sono l’unica barriera che potrebbe trattenere le acque del Mar Rosso. Le terre retrostanti sono già cedute di alcuni metri dai precedenti livelli registrati e i depositi di sale bianco sul suolo desertico, testimoniano la presenza del mare in passato, quando la lava pare abbia soffocato in tempo l’accesso delle acque in quelle zone. Per ora, nessuno può dire esattamente quando il mare fluirà nuovamente nel deserto, ma di sicuro quando accadrà, sarà un fenomeno repentino e veloce. “Le colline potrebbero sprofondare in pochi giorni”, dichiara Tim Wright, membro dell’Università di Leeds alla “Shool of Earth and Environment”, durante una recente conferenza tenuta a San Francisco e ospitata dalla American Geophisical Union (AGU).

Negli ultimi cinque anni la trasformazione geologica nel nord est dell’africa è “drammaticamente accelerata”, dice Wright. In effetti, il processo sta incalzando, con tempi davvero veloci, molto più di quanto in molti credevano e avevano già anticipato. Recentemente i geologi hanno misurato variazioni nell’ordine di millimetri per anno dei movimenti terrestri. “Ma ora la terra si sta aprendo nell’ordine di metri!”, dice Lorraine Field, studiosa presso la University of Bristol, moderatrice della stessa conferenza di San Francisco.

I tremori sismici della Terra causano profonde spaccature e formano fessure nel suolo desertico, per cui, zona per zona, il terreno in Africa dell’Est si sta frantumando. Alcuni ricercatori attivi nel Golfo di Tadjoura, tra il Djibouti e il Golfo di Aden, hanno registrato negli ultimi mesi uno sbarramento di scosse sismiche lungo la dorsale oceanica che corrispnde alla zona di intersecazione delle placche indiana e africana.   “I sismi stanno avvenendo sulla cresta del medio Oceano”, riporta la Ebinger.

Mappa Geologica 1 – Rift Valley e incontro placche africana e indiana

LO SLITTAMENTO DELLE PLACCHE TETTONICHE

Quando la lava sguscia fuori dalla fessure lungo le dorsali attive sottomarine, crea costantemente nuova crosta terrestre e forma delle vere e proprie catene montuose sottomarine; si solidifica al contatto con le acque e diventa parte del fondale marino.  Il magma scoppiando a fiotti verso l’alto, con una pressione tale da spingere il suolo oceanico da entrambe i lati della dorsale, fa si che si spostino le placche, causando terremoti. Nei mesi recenti, i tremori nel Golfo di Tadjoura si sono avvicinati sempre di più alla costa. La dottoressa Ebinger spiega che la divisione del fondale marino si estenderà gradualmente alle terre emerse. Questo è il caso già noto lungo le linee che attraversano il deserto etiope, dove si sono create spettacolari formazioni geologiche, visibili altrimenti solo sulla superficie del fondo oceanico.

mappa 2 – Placche e dorsali oceaniche

 

 

Il modello dei terremoti registrati, sia in mare che sulla terra, supporta inoltre la conclusione che il paesaggio desertico si stia trasformando in un profondo fondale marino, per ora, ancora all’asciutto; questo viene enunciato in un articolo del Journal of Geophisical Research, pubblicato da Zhaohui Yang e Wang-Ping Chen, due geologi della Univeristà dell’ Illinois. Gli sudiosi hanno registrato un alto numero di terremoti di grado abbastanza forte, nelle zone a fondale poco profondo del Medio Oceano, sempre nel nord est africano, simili a quelli che si verificano lungo le creste sottomarine, molto lontane in oceano aperto.

Un segno di spunta sull’aumento dell’attività vulcanica è stato riportato dai i geologi, i quali hanno riscontrato un incremento delle eruzioni vulcaniche vicino alla superficie terrestre in ben 22 località nel Triangolo di Afar, (vedi mappa 1 e 2), dove il magma ha causato crepe ampie fino a 8 metri, che hanno letteralmente divelto il terreno; questo quanto riportato da Derek Keir, ricercatore dell’Università di Leeds. Mentre generalmente il magma rimane sotto il suolo, in luoghi come Etra Ale, si è fatto strada fino a raggiungere la superficie.

UN OCEANO SENZA ACQUA

Vulcano Erta Ale

Gli scienziati hanno notato che il tipo di magma fuoriuscito nelle zone desertiche è dello stesso tipo che fuoriesce generalmente nelle regioni sottomarine. Una delle caratteristiche è la proporzione di acido silicico. Il magma che fuoriesce dal vulcano Erta Ale (foto) è della stessa composizione chimica di quello dei vulcani sottomarini. La nuova attività di combustione nel vulcano è ricominciata nel 2005, quando improvvisamente si è formata una fessura lunga 60 km, lungo la depressione di Afar. Da quel momento si sono formati 3,5 kilometri cubi di magma, tanto da ricoprire l’intera area di Londra ad altezza d’uomo. “Da un punto di vista geologico, la velocità con cui il magma sta spingendo è stupefacente. Si sta facendo strada creando canali attraverso la roccia nel sottosuolo ad una velocità di 30 metri al minuto!!!” (Eric Jaques, Institute of Earth Physics of Paris). Le misurazioni satellitari attestano le conseguenze:  200 km di strappo da cui il magma fuoriesce, creando come una superficie di asfalto fumante. Il magma si sta spingendo anche sotto il vulcano di Dabbahu nel Nord dell’Etiopia.

IN CONTINUA ESPANSIONE…..to be continued

Spaccatura Nord Etiopia

Il “sinkhole”

USA – Risale al 30 Settembre 2011 la notizia di una voragine apparsa improvvisamente in un campo della contea di Beckham, nell’ Oklahoma dell’ovest. Gli abitanti della contea e lo stesso proprietario del terreno, Jack Damron, dichiarano che il cosìdetto “sinkhole” è apparso dalla sera al mattino; un buco nel terreno, di diametro circolare di circa 14mt e profondo altrettanti 14mt; chi abita nelle vicinanze dice che se ci fosse stata  sopra una casa, sarebbe stata inghiottita da quanto la voragine è grande. Il fenomeno pare sia connesso con il terremoto che ha colpito la zona solo due settimane prima, ma gli esperti sono scettici nel mettere i due eventi in relazione. Tra l’altro pare che la voragine stia crescendo giorno dopo giorno e sostando ai bordi anche solo per mezz’ora, si può notare il continuo movimento del materiale terroso sul fondo.

Il Sig. Damron, che cura il terreno da oltre 20 anni, sa bene che vi sono molte dicerie sul terreno piatto dell’Oklahoma ancora in formazione e che il buco va lasciato stabilizzare con naturalezza , non essendo il primo caso che vede coi suoi occhi. “Non sappiamo quanto possa sprofondare ancora, dobbiamo lasciarlo fare”. Damron ammette che non aveva mai visto formarsi voragini così profonde nel solo periodo di una notte. Lo scenario è abbastanza inquietante, soprattutto per chi tutti i giorni lavora su quel suolo, guidando trattori e macchine pesanti, sperando sempre che il terreno non collassi sotto di lui. “Avrebbe ingoiato il trattore!!”, dice Damron.

Il fenomeno dei “Sinkhole” ( anche chiamati: dolina, camino di collasso, sprofondamento, limesink, cenotes, pozzo carsico, loess karst, voragine), è abbastanza comune in questa parte ovest dello stato, ma di queste dimensioni e così repentini, non si sono mai registrati.

I geologi della Oklahoma Geological Survey, dichiarano che le cause potrebbero essere molteplici, tra cui strati di sale o roccia ancora in una fase di costituzione o che si stanno dissolvendo, o anche la siccità; tutti fattori plausibili che rendono il terreno così instabile. Inoltre le antiche miniere di carbone a monte sono ancora dei bacini di riempimento di acque piovane, che defluendo è in grado di smuovere gli strati di terra, facendola collassare. Ma sono ancoro solo ipotesi, che però non fanno luce su un fenomeno che si sta presentando sempre più spesso, lasciando sbigottiti e spaventati i residenti e non solo…..